“Speranza aveva i dati della catastrofe”. Così Crisanti inchioda il governo Conte
Una lunga perizia dettagliata è agli atti dell’inchiesta per il caso Covid nella bergamasca: “È una mappa logica”
Con la chiusura delle indagini da parte della procura di Bergamo per il caso Covid, emergono nuovi elementi che danno la misura di quanto accadeva in Italia tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo del 2020, quando il Paese è stato colpito dallo tsunami pandemico. Agli atti è stata inserita anche la consulenza del microbiologo Andrea Crisanti, che inchioda Giuseppe Conte e Roberto Speranza alle proprie responsabilità per quanto accaduto.Ecco perché toccava al governo chiudere i Comuni flagellati dal CovidNella sua relazione, infatti, il tecnico spiega che quando scoppiò l’epidemia di Covid, l’Italia “aveva un manuale di istruzione, questo era il piano pandemico. Se poi ha affrontato la pandemia senza un manuale è perché questo (…) è stato scartato a priori senza essere valutato dai principali organi tecnici del ministero”. È a loro che, sottolinea Crisanti, l’ex ministro Speranza “fa riferimento (…) quando afferma che il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale”. Ma in base a quanto riferisce il tecnico, “la ragione per la quale azioni più tempestive e più restrittive non sono state prese la fornisce il presidente Conte quando nella riunione del 2 marzo 2020 afferma che la zona rossa va utilizzata con parsimonia perché ha un costo sociale politico ed economico molto elevato'”.
Secondo Crisanti non è stato seguito il principio della massima priorità alla tutela dei cittadini nelle decisioni dell’ex presidente del Consiglio, perché quelle considerazioni “hanno prevalso sulla esigenza di proteggere gli operatori del sistema sanitario nazionale e i cittadini dalla diffusione del contagio”. Ma non ci sono solo le responsabilità dell’ex premier, perché dalla relazione tecnica emerge che “il prof Brusaferro, il dott. Miozzo, il dott. D’Amario” erano “a conoscenza del Piano Covid”, delle tabelle previsionali e “della gravità della situazione”. Davanti a uno scenario non positivo, anzi tutt’altro, presero “la decisione di segretare il piano per non allarmare l’opinione pubblica”.
Pochi giorni dopo la scoperta di quello che apparentemente è stato il paziente zero a Codogno, prosegue Crisanti, tra i giorni 27 e 28 febbraio 2020 “il Cts e il ministro Speranza hanno tutte le informazioni sulla progressione del contagio che dimostravano come lo scenario sul campo” fosse “di gran lunga peggiore di quello ritenuto catastrofico”. E le “informazioni sulla gravità della situazione” ad Alzano e Nembro furono oggetto di una riunione del Cts del 2 marzo “non verbalizzata ufficialmente” alla presenza “del ministro Speranza e del presidente Conte”. L’ex ministro e l’ex premier “raccontano alla procura di Bergamo di essere venuti a conoscenza del caso di Alzano e Nembro rispettivamente il 4 e il 5 marzo”.
Ma la relazione di Crisanti dà anche un’altra informazione che oggi appare inquietante, perché già prima della scoperta del paziente zero di Codogno per la precisione il 12 febbraio, “i componenti della task force del ministero e poi del Cts, erano consapevoli della difficoltà di reperire Dpi e materiali per la loro produzione”. Per questa ragione, continua ancora il microbiologo, erano a conoscenza della “situazione di vulnerabilità in cui si trovava l’Italia e del rischio a cui avrebbero esposto la popolazione e gli operatori sanitari non prendendo iniziative idonee”.Oggi, Andrea Crisanti è un senatore del Partito democratico e viene attaccato perché ritenuto colpevole della fuga di notizie per fine politico. Accusa che il tecnico respinge con veemenza: “Ho avuto la perizia per tre anni e non è uscito nulla. Non sapevo chi fossero gli indagati. Chi fa il mio nome dice il falso e sono pronto a querelare. E sarò intransigente. Ma poi la perizia non è che contiene i nomi degli indagati, è una mappa logica”.