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Salute, digitale e intelligenza artificiale: chi c’è al volante?

L’incontro al Ministero della Salute ha messo di fronte molti degli attori del settore. Ecco le criticità attuali e i potenziali benefici futuri emersi a “Digital Health by Design”

Il digitale e l’intelligenza artificiale per comprendere meglio le malattie e come curarle. Ma chi è al volante? È questa la domanda che riecheggiava nell’auditorium del Ministero della Salute durante il seguito e partecipato evento Digital Health by Design – Dati e Intelligenza Artificiale del 15 gennaio. «Dobbiamo restare noi coloro che guidano la macchina. La tecnologia, come l’intelligenza artificiale, è da abbracciare con entusiasmo tenendo presente però le coordinate» perché, specie nel campo medico, «non possiamo affidare alla macchina la gestione della salute di una persona» per dirla con le parole di monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita.Ma non sono stati solo i temi etici a monopolizzare la giornata. La salute del futuro, i dati sanitari e le nuove tecnologie digitali hanno posto ulteriori argomenti sul tavolo organizzato da Culture con il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, il patrocinio della ASL Roma 2 e di Rome Technopole, e hanno delineato un’agenda 2024-2026 che mira ad una nuova visione della salute globale.

«Una giornata di confronto costruttivo sulla digitalizzazione dei dati sanitari e lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale – ha commentato Felicia Pelagalli, Direttore di Culture – come sappiamo, la popolazione italiana sta invecchiando sempre più con un conseguente incremento delle multi-cronicità e dello stato di fragilità. Si allunga il tempo della vita, e questa è una buona notizia, ma, purtroppo, rischia di durare di più anche il tempo della malattia. Nella fascia di età sopra i 75 anni solo il 28,6% risulta in buona salute secondo i dati Istat. Dobbiamo allungare la speranza di vita sana».Oltre 250 persone connesse e 90 in presenza hanno seguito i lavori delle molteplici personalità del mondo dei dati e dell’Intelligenza artificiale in sanità che sono intervenute al Summit aperto da un saluto del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha illustrato i programmi riferiti al PNRR che vedono la digitalizzazione come elemento essenziale per costruire un sistema sanitario equo e centrato sui bisogni delle persone.

«I tre perni della digitalizzazione su cui il Ministero sta lavorando – ha scritto Schillaci nel suo messaggio – sono telemedicina, potenziamento del fascicolo sanitario elettronico (FSE 2.0) e digitalizzazione degli ospedali. Dove la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale rivestono un ruolo fondamentale nel sistema di raccolta e nell’analisi dei dati e sono strategici per una programmazione sanitaria efficace, per la promozione della ricerca e la prevenzione delle malattie. La collaborazione tra le istituzioni diventa fondamentale per elaborare nuovi modelli di servizio e nello stabilire linee guida chiare per l’utilizzo dei dati sanitari e nella progettazione di algoritmi di intelligenza artificiale. L’evento Digital Health by Design – Dati e Intelligenza Artificiale – ha concluso Orazio Schillaci -costituisce un’opportunità per costruire un confronto costruttivo dove la governance e le regolamentazioni devono essere nostre alleate del processo di cambiamento, affiancando e agevolando la transizione digitale in sanità a livello regionale e nazionale».«Il Servizio sanitario nazionale, così come è organizzato oggi – ha dichiarato Giorgio Casati, Direttore generale di ASL Roma2 – appare formato da diverse isole, spesso non in coordinamento fra loro e dove il paziente appare spaesato. Il PNRR, e il DM 77 in particolare, offrono delle opportunità nuove, soprattutto grazie all’introduzione della sanità digitale e dell’IA, ma il rischio è che si introducano solo nuovi strumenti nell’attuale modo di funzionare del sistema, senza una visione complessiva necessaria»

In materia di Intelligenza artificiale, e ripensando ai diversi richiami al coordinamento tra le istituzioni, è stato significativo l’intervento del direttore generale di AGENAS, Domenico Mantoan, che ha reso noto che la piattaforma di intelligenza artificiale a supporto dell’assistenza sanitaria primaria, prevista nell’ambito della missione 6, ha subito una battuta di arresto, prima dell’avvio della procedura di dialogo competitivo della lettera di invito ‘Valutazione delle offerte finali ed aggiudicazione della procedura’, a seguito della comunicazione del Garante per la protezione dei dati personali, sulla mancanza di una legge nazionale per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Mantoan ha proseguito sottolineando l’importanza degli investimenti sulla telemedicina e sull’intelligenza artificiale e ha esortato il Garante a costruire, nel rispetto dei reciproci ruoli, i percorsi strategici, in questo ambito, che permettano all’Italia di non rimanere indietro rispetto all’Europa ed affinché si strutturi un leale rapporto di collaborazione tra le istituzioni.Mentre, a proposito della piattaforma nazionale di telemedicina, di direttore di AGENAS ha rammentato che «quello che stiamo facendo è un investimento superiore, un sistema che a livello centrale permette di usare i dati sanitari, non solo per la cura, ma anche per la programmazione. L’investimento sta continuando e il nostro è stato un lavoro in collaborazione con l’ANAC che ci ha dato un supporto straordinario».Inoltre, come ribadito da Alice Borghini, dirigente dell’Organizzazione dei modelli sanitari territoriali di AGENAS, il 2024 sarà l’anno della messa a punto della piattaforma nazionale di telemedicina: «Nel corso dell’anno – ha spiegato Borghini – ci sarà una integrazione delle piattaforme regionali e si costituirà l’infrastruttura nazionale di telemedicina. Sarà il primo step per far sì che il sistema sia funzionale. Il 2024 sarà l’anno in cui tutti gli investimenti saranno messi insieme e inizieranno a parlarsi».

«Dopo questo appuntamento – hanno suggerito ancora Casati e Pelagalli – sarebbe necessario e opportuno aprire ulteriori occasioni di confronto, o tavoli di lavoro: sulla governance dei dati sanitari e lo sviluppo dell’IA e sui nuovi modelli digitali di servizio sanitario. La telemedicina non può essere intesa soltanto come una modalità diversa di lavoro, ma uno strumento per entrare in relazione con il paziente in maniera differente, più vicina».Un tema basilare per lo sviluppo della digital health è stato individuato da molti esperti con la qualità dei dati, che non dovrebbero limitarsi all’età o al luogo di residenza, ma essere estesi per esempio, al titolo di studio, al tipo di lavoro e alla condizione economica, il tutto in stretta ottemperanza al regolamento europeo GDPR. I dati del censimento potrebbero essere utilmente collegati a quelli sanitari per avere l’opportunità di identificare dei profili di persone con determinate caratteristiche di vita su cui è opportuno concentrare l’attenzione e l’azione della prevenzione dell’azienda sanitaria. Tutto questo, ovviamente, può essere trattato anche attraverso sistemi di intelligenza artificiale che aiutino a leggere e interpretare un volume importante, quasi eccessivo, di informazioni e di dati.

«L’accesso ai dati sanitari è di fondamentale importanza per garantire l’innovazione nei sistemi sanitari europei – ha sottolineato Marco Marsella, direttore del settore digitale, EU4Health della Direzione generale salute della Commissione Europea –. È fondamentale perché attraverso l’accesso si possono costruire nuove tecnologie, ma anche avviare dei workflow per il trattamento, ad esempio, nei pazienti con malattie croniche. Oppure, per il miglioramento della diagnosi, è possibile introdurre elementi di intelligenza artificiale nello screening e soprattutto adattare i trattamenti alle necessità dei pazienti, verso la medicina personalizzata».«Se guardiamo alle attuali barriere che si frappongono oggi alla realizzazione dell’EHDS – l’European Health Data Space, il primo spazio europeo dei dati sanitari – possiamo individuare altrettante sfide per il settore della ricerca, della formazione e della innovazione – ha asserito Alessandra Petrucci, Rettrice dell’Università degli Studi di Firenze –. Tra queste, la privacy nella raccolta e condivisione dei dati sanitari; la sicurezza informatica; barriere normative; diversità dei Sistemi Sanitari; l’interoperabilità dei Sistemi Informatici. L’EHDS ha il potenziale per rivoluzionare la ricerca sanitaria in Europa, fornendo ai ricercatori strumenti e risorse preziose per esplorare nuove frontiere nella comprensione e nel trattamento delle malattie, migliorando così la salute e il benessere della popolazione».

Sul livello di digitalizzazione in Italia si è espresso in maniera positiva Paolo Colli Franzone, presidente dell’Istituto per il Management Innovazione in sanità IMIS, ma non senza notare come i medici vorrebbero essere maggiormente coinvolti nel processo di innovazione: «Spendiamo poco – spiega – in tecnologie informatiche sanitarie rispetto ad altri Paesi ma, tutto sommato, ne abbiamo tante nelle strutture sanitarie. Anche l’intelligenza artificiale è diffusa come per esempio nella radiologia per immagini».A livello locale, ad esempio, le aziende sanitarie si stanno già muovendo con esperienze sul campo per agevolare la lettura dei dati e individuare così gli eventuali segnali di allerta: «Nella Asl Roma 2 – ha evidenziato Casati – abbiamo creato una prima banca dati degli assistiti. Stiamo per sottoscrivere un accordo con il Campidoglio per valutare la possibilità, nel rispetto della normativa sulla privacy, di poter mettere insieme i dati della Asl e del Comune sulla popolazione, per fare analisi più approfondite. Abbiamo già realizzato un modello di telemedicina presso l’Ospedale di Rebibbia e un modello di Ospedale virtuale, riconosciuto e premiato anche da AGENAS».

Ma soprattutto, va rafforzato sin dall’inizio del progetto il dialogo tra ente centrale, Regioni e aziende sanitarie locali per far sì che non accada quanto Paolo Petralia, Direttore generale ASL4 Liguria e vicepresidente vicario di FIASO, ha affermato: «Io sono medico. E come qualunque altro professionista di una scienza empirica è normale che si impari da chi ci ha preceduto e si trasferisca quello che si sta facendo a quelli che seguiranno, è una cosa scontata. Nel nostro agire quotidiano in sanità, però, questo rischia di non esser sempre vero. Perché noi facciamo le cose e poi non riusciamo a dare continuità di valore: perché nella governance multilivello in cui il nostro Paese avvolge le dimensioni centrali, nazionali, regionali, locali della sanità, spesso ci si perde. E avviene che le aziende sanitarie vengano anche premiate dallo stesso soggetto regolatore come esperienze innovative, avanzate, come sperimentazioni utili al sistema e poi non vengano chiamate, per caso, al tavolo dove quelle cose vengono decise».