Riaperte le piscine della “piccola Lourdes”.
Create su indicazione della beata Madre Speranza presso il Santuario dell’Amore misericordioso, erano state chiuse con il Covid
È una piccola Lourdes. A Collevalenza, nel cuore dell’Umbria in provincia di Perugia, non è apparsa la Vergine, ma un nodo la lega al Santuario francese. Anzi due: una sorgente e le piscine. Dopo quattro anni di stop imposto prima dall’emergenza pandemica e poi da un intervento di ristrutturazione, sabato scorso sono riprese le immersioni dei pellegrini nelle vasche in cui scorre l’acqua della fonte dell’amore misericordioso. Una data significativa, perché il 1° marzo 1979 venivano inaugurate e benedette alla presenza di madre Speranza di Gesù (1893-1983), la fondatrice del Santuario, beatificata nel 2014.
Fu lei a ricevere una chiara ispirazione di carattere soprannaturale e a individuare la sorgente nel 1960. Un’impresa apparentemente impossibile: trovare acqua in cima a una collina argillosa. Eppure, a 122 metri di profondità fu rinvenuta una vena idrica abbondantissima, un fiume sotterraneo del livello di 6 metri. Accanto alla Basilica e al crocifisso dell’amore misericordioso, icona principale del Santuario, scaturisce un’acqua che alimenta le fontanelle e le piscine per l’immersione di quanti giungono in cerca di conforto, segnati da sofferenze fisiche e morali. «Dall’Antico al Nuovo Testamento – dice il rettore del Santuario padre Aurelio Pérez – l’acqua è un simbolo unico e forte nelle Scritture. L’acqua in cui Naaman il lebbroso si bagna 7 volte secondo le indicazioni del profeta Eliseo, l’acqua che Gesù promette alla samaritana e con cui comanda al cieco nato di lavarsi nella piscina di Siloe: è un segno visibile della misericordia del Signore”
A Collevalenza i pellegrini fanno esperienza dell’abbraccio di Dio, che madre Speranza descriveva «non come un giudice severo, ma come un Padre che dimentica gli errori dei suoi figli e li cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro».
Nel primo Santuario al mondo dedicato all’amore misericordioso, l’esperienza della tenerezza di Dio si compie anche accostandosi alle fontanelle, bevendo l’acqua «con fede e amore» e immergendosi. «Un significato antropologico potente – prosegue padre Aurelio – che ci avvicina a Gesù nel Giordano, fa memoria del nostro Battesimo e fa sperimentare al pellegrino l’amore del Padre». Un gesto premuroso che si avverte anche dalla temperatura dell’acqua. Non fredda, ma riscaldata: madre Speranza voleva che i pellegrini si sentissero avvolti anche fisicamente dal calore di un abbraccio.
Prendendo il nome dal Santuario, la funzione di quest’acqua è strettamente unita al messaggio spirituale che qui si proclama: l’amore misericordioso raggiunge tutti e guarisce da ogni forma d’infermità spirituale. L’acqua non è magica, ma simbolo di grazia e strumento di misericordia. Per questo le immersioni sono precedute dalla “Liturgia delle acque”, un momento di ascolto della Parola di Dio cui segue la preghiera e il cammino processionale verso le piscine. I Figli e le Ancelle dell’Amore misericordioso che animano il Santuario invitano i pellegrini a compiere un’immersione spirituale nel sacramento della riconciliazione e nell’Eucaristia, passo fondamentale per vivere appieno l’ingresso nelle vasche.
A volte si registrano casi di guarigioni da malattie che piagano il corpo, anche se non è il benessere fisico ciò che spinge le persone ad andare alla fonte. La salute esteriore è simbolo della guarigione spirituale.
«La riapertura delle piscine – dice Marina Berardi, responsabile della comunicazione del Santuario – è stato un momento grandemente atteso. I pellegrini lo desideravano e lo manifestavano a voce, con email e telefonate. Confidavamo che questo giorno sarebbe arrivato, ma è stato necessario essere pazienti». Del resto lo fu per prima madre Speranza. Anche se l’edificio che ospita le vasche fu ultimato alla fine del 1960, la Chiesa fu prudente e solo 18 anni dopo autorizzò il Santuario a svolgere questa singolare forma di apostolato. Le piscine sono state benedette e re-inagurate lo scorso 8 febbraio, nel giorno della festa liturgica della beata Speranza. Da quando nella Messa solenne è stato annunciato che avrebbero riaperto meno di un mese dopo, si è susseguito un numero incredibile di richieste di immersioni, che oggi si cerca di accogliere grazie al prezioso servizio offerto dai volontari.
All’arrivo di madre Speranza a Collevalenza nel 1951, la collina era un solo roccolo per uccellatori. Oggi la postazione di caccia è stata trasformata dalla misericordia di Dio in un luogo dove il Signore attende e “cattura” ogni persona perché sperimenti il suo abbraccio di “Padre buono e di tenera Madre”.