Poco cibo, nessun futuro. Sei cubani su 10 vogliono lasciare l’isola
Mentre gli italiani sognano le spiagge di Varadero e le aragoste che possono permettersi solo le alte sfere del regime e i turisti stranieri negli hotel extra lusso che si stanno moltiplicando come funghi all’Avana, i cubani non vedono l’ora di fuggire dal «paradiso comunista» inventato 65 anni e 8 mesi fa da Fidel Castro. Questo attesta un sondaggio inedito, per lo meno a Cuba, secondo il quale il 57,5% di chi vive nell’isola caraibica se ne vuole andare a tutti i costi, il 25,3% non ha ancora la certezza di farlo ed appena il 17,2 non pensa proprio di lasciare la madrepatria. Le principali cause sono la crisi economica, la mancanza di cibo e il fatto che non ci sia futuro nel paese caraibico.
Ad interpellare 1.776 cubani è stata Cubadata, dopo un lavoro tutt’altro che semplice.
«A causa delle restrizioni e della censura delle istituzioni ufficiali nonché del controllo dei contenuti di Internet e della posta elettronica – spiega infatti l’azienda demoscopica indipendente – è estremamente difficile realizzare studi indipendenti a Cuba, dove non esiste una società di consulenza non collegata al governo. In questo contesto, approfittando dello sviluppo delle nuove tecnologie e della sicurezza digitale, abbiamo usato dispositivi mobili per effettuare sondaggi digitali volontari e verificabili».
Il 77,4% di chi ha risposto al sondaggio ha tra i 22 e i 55 anni, il 44% ha studiato all’università e il 45% sono lavoratori statali, che oggi percepiscono in media 4.000 pesos cubani, l’equivalente di 15 euro sul fiorente mercato nero. Alla domanda «negli ultimi 12 mesi qualche familiare o conoscente è emigrato da Cuba?», l’81% degli intervistati ha risposto di sì e, di questi, l’86,9% si è detto favorevole alla loro scelta.
Interrogati sui motivi che spingono le persone ad emigrare ed avendo la possibilità di selezionare tre cause, 926 hanno indicato la «crisi economica del Paese». La «mancanza di cibo» è stato il secondo fattore decisivo, denunciato da 698 cubani. Il fatto che «non c’è futuro nel paese» è invece la terza principale causa. Tra le altre motivazioni principali del desiderio di fuga «la mancanza di medicinali e di servizi sanitari» (per 547 degli intervistati), «l’assenza di opportunità di lavoro» con un salario degno, la «mancanza di libertà», la «persecuzione politica» e «l’insicurezza e la violenza». Il sondaggio ha anche chiesto ai cubani quale destinazione sceglierebbero per emigrare. Il 43,1% di loro ha risposto che andrebbe negli Stati Uniti, il 13% in Europa, il 9,6% ha dichiarato in «qualsiasi posto dove ci sia possibilità», il 4,3% ha scelto un più generico «altre destinazioni» mentre appena il 2,2% vorrebbe emigrare in America Latina.
Questi numeri sorprendono forse gli italiani che pensano ancora oggi che Cuba sia il «paradiso» presentato loro dal regime e dai suoi tanti amici nei media nostrani ma non sorprende affatto chi si occupa di migrazioni. Per rendersene conto, del resto, basta guardare attentamente i numeri: nell’ultimo anno fiscale statunitense sono arrivati negli Usa 224.607 cubani, una media di 615 al giorno, il 600% in più dell’anno precedente e 16 volte di più di quelli accolti da Washington due anni fa. A dare una mano al regime dell’Avana ci ha pensato infatti nel 2021 il dittatore del Nicaragua Daniel Ortega, eliminando l’obbligo del visto per i cubani per recarsi a Managua. Da allora il numero di cubani che arrivano negli Stati Uniti attraversando Honduras, Guatemala e Messico è esploso e, quest’anno, si prevede che continui a crescere in modo esponenziale. Il sondaggio di Cubadata, del resto, lo conferma.