Perché Putin vuole la guerra contro tutti noi
Il pensiero di Luca Lovisolo, ricercatore indipendente in diritto e relazioni internazionali.
da lucalovisolo.ch
Perché Putin vuole la guerra e fin dove vuole arrivare? L’intervento del presidente russo alla Conferenza del «Club Valdaj» del 27 ottobre 2022 è durato oltre tre ore e mezza. Putin ha ripetuto molti tormentoni della retorica del Cremlino, ma il suo discorso permette di riportare alle radici la strategia russa. Emergono la visione del regime di Mosca per il futuro dell’Europa e alcune verità scomode.
Il discorso di Putin è stato riportato e commentato da quasi tutti i media solo per estratti. Questa analisi si basa sulla versione audio completa, senza mediazioni, in lingua originale (>qui). Per la spiegazione di alcuni termini mi riferisco all‘opera di Aleksandr Dugin. In altre analisi ho citato i seminari di questo politologo russo dedicati alla sua Quarta teoria politica. Qui mi rifaccio a precedenti corsi e conferenze tenuti da Dugin all’Università statale di Mosca. Sono le lezioni nelle quali definisce i principi che sono diventati linee guida della politica estera russa negli ultimi vent’anni. In alcuni tratti del suo discorso al Valdaj, Putin riprende i concetti di Dugin quasi alla lettera
Questo elemento è importante, ma nei circoli occidentali troppo spesso non viene ponderato a sufficienza. Le attività della Russia in Ucraina sono parte di una strategia di ampio respiro, costruita in modo solido e convincente, se guardata dal punto di vista dei russi. La strategia del Cremlino non si rivolge in primo luogo all’Ucraina, ma direttamente a noi, in quanto «cosiddetto Occidente» – come Putin suole definirci, nel migliore dei casi.
Un mondo post-egemonico: più sicurezza per tutti?
In ciò, il fatto che l’approccio geopolitico russo a noi piaccia o meno è del tutto ininfluente. Se vogliamo capire la guerra in Ucraina e le attività del Cremlino nelle relazioni con i nostri Paesi, dobbiamo immedesimarci nella radice dottrinale della politica estera della Russia post-sovietica. Se, come spesso accade in Occidente, guardiamo alla guerra come atto isolato di un regime assetato di potere, non vediamo il quadro nel suo insieme. Per questo, la nostra reazione sarà sempre debole e inadeguata.
La conferenza del Club Valdaj si rivolge ad accademici e politici di professione. Per questo motivo, Putin, quest’anno come nei precedenti, ha parlato una lingua che posiziona con particolare profondità le relazioni estere della Russia. Le considerazioni di Putin sono rivolte anche a noi, come bersaglio dell’aggressiva politica estera di Mosca a partire dai primi anni Duemila.
Nel fiume di parole del presidente russo si riconoscono anche talune verità scomode: non dovremmo avere paura di affrontarle. In questa analisi mi concentro sugli elementi fondamentali della visione del mondo del Cremlino. Tralascio volutamente gli eccessi retorici, le opinioni più note di Putin sulla politica e sulla Storia nonché i riferimenti a questioni di politica interna.
Il motto della Conferenza del Valdaj di quest’anno era: «Il mondo post-egemonico – equità e sicurezza per tutti.» Dalle parole di Putin si comprende molto bene come si realizzi questo proposito, dal punto di vista della Russia.
IL MONDO DI PUTIN INTORNO AL 24 FEBBRAIO 2022
Punto di partenza delle considerazioni di Vladimir Putin è l’idea che il mondo di oggi agisca secondo regole che nessuno sa chi ha dettato. Per «regole» il presidente russo intende il diritto internazionale, i diritti umani e i principi della società aperta democratica.
Negli ultimi mesi, afferma Putin, si assiste a un peggioramento delle relazioni internazionali: la causa sarebbe il comportamento dell’Occidente. Gli Stati uniti e l’Europa sarebbero all’origine della guerra in Ucraina, della destabilizzazione dei mercati dovuta alle sanzioni internazionali contro la Russia e delle provocazioni intorno allo status di Taiwan.
In tutto ciò, prosegue Putin, l’Occidente ha commesso ripetuti errori sistemici, tra i quali la caduta del mercato europeo del gas. La Russia è testimone di questi eventi, ma è sempre stata aperta alla cooperazione e ha presentato le sue proposte. Con questa affermazione Putin si riferisce alle pretese che la Russia ha introdotto nel dibattito internazionale a fine 2021. Interi Stati dell’Europa centrale e settentrionale avrebbero dovuto dichiararsi neutrali. Si sarebbero dovuti ridisegnare i confini delle zone di influenza di Russia e Stati uniti. Tuttavia, dice Putin, alle proposte russe l’Occidente ha sempre risposto negativamente.
L’Occidente vuole fare della Russia uno strumento per raggiungere i suoi obiettivi, sulla base di «regole universali» alla cui elaborazione la Russia non ha partecipato, dice Putin. Cita lo scrittore Aleksandr Isaevič Solženicyn, che definisce l’Occidente come «imprigionato nel suo senso di superiorità.» L’Occidente pensa che tutti i Paesi del mondo debbano accettare il suo sistema e svilupparsi sulla base di esso. E’ ciò che sta accadendo proprio oggi, pensa Putin.
Dalla «Cancel culture» a Kennedy
Di recente l’Occidente pratica addirittura una «cultura della cancellazione» ai danni della Russia, ritiene Putin. Le istituzioni culturali occidentali rifiutano di rappresentare opere d’arte russe. Putin si riferisce all’ondata di cancellazioni di spettacoli di artisti, compositori e drammaturghi russi in teatri e sale da concerto di molti Paesi occidentali. La causa è la ripresa della guerra in Ucraina nel febbraio 2022 (ma Putin non la cita).
Echeggiando il celebre discorso di insediamento di John F. Kennedy del novembre 1960, Putin osserva che il mondo si trova dinanzi a una «nuova frontiera storica» e sta attraversando il decennio più pericoloso, imprevedibile ma anche più importante dalla fine della Seconda guerra mondiale.
PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA: GLI ELEMENTI CHIAVE
Nel discorso del Valdaj si odono termini che non sono nuovi, né in bocca a Putin né nel dibattito pubblico. In questo contesto, però, formano un insieme particolarmente rivelatore: universalismo, colonialismo, mondo unipolare, equilibrio degli interessi e altri.
Mondo unipolare e universalismo, la critica di Putin
Dopo la caduta dell’Unione sovietica, secondo Putin l’Occidente ha instaurato il mondo unipolare. Unipolare perché in esso vigono solo la cultura, la volontà e le regole occidentali: società aperta, democrazia, diritti umani e diritto internazionale, quest’ultimo derubricato a prodotto della presunzione occidentale.
Ancor di più: la cultura e la visione del mondo occidentali hanno pretesa di universalità. Esigono perciò di valere per tutta l’umanità, anche se l’Occidente non ha mai concordato queste regole con il resto del mondo.
I popoli del mondo aspirano alla libertà, dice Putin. L’Occidente liberale dovrebbe esserne contento, eppure no, obietta il presidente: l’Occidente è convinto della sua infallibilità e, se questo anelito alla libertà dei popoli non corrisponde al modello occidentale, Stati uniti ed Europa applicano sanzioni, si immischiano politicamente, organizzano rivoluzioni colorate e rovesciano i governi.
Putin si riferisce qui, senza giri di parole, ai movimenti di protesta ucraini Majdan degli anni 2004 e 2014, noti come «rivoluzioni colorate.» Il Cremlino spiega quegli eventi come congiure occidentali contro le presunte pretese della Russia sull’Ucraina.
Colonialismo occidentale e globalizzazione
Secondo Putin, questo pensiero unico dell’Occidente costituisce un modello di dominazione dal quale nasce una globalizzazione coloniale, intesa come strumento di mantenimento del potere. L’Occidente rafforza la sua potenza coloniale creando sempre nuove dipendenze. Come esempio Putin cita la prevalenza dell’Occidente nell’economia, nella farmaceutica e nella costruzione delle macchine utensili. Ovunque l’Occidente apra nuovi mercati, reprimerebbe gli attori locali con una condotta colonialista.
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Putin si riferisce poi in modo esplicito ancora all’Ucraina e al suo avvicinamento all’Unione europea. Il cammino verso l’Europa presuppone un adeguamento delle norme tecniche ucraine al complesso di norme europee. La transizione normativa fu davvero uno dei punti critici, negli anni cruciali 2013 e 2014.
L’argomento era: se l’Ucraina si sviluppa avvicinandosi all’Europa e allontanandosi dalla Russia, acquisirà lo strumentario tecnico europeo e abbandonerà quello russo. Questa prospettiva inquietava i russi e alcuni imprenditori dell’Ucraina meridionale e orientale, che non volevano perdere il loro mercati in Russia.
PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO L’OCCIDENTE IN CRISI
Ora, dice Putin, il modello neoliberale di sviluppo occidentale è entrato in una crisi dottrinale. Il presidente si rifà ancora alla letteratura russa. Cita questa volta I Demoni di Fëdor Michajlovič Dostoevskij: «Dalla libertà illimitata io desumo un dispotismo illimitato.» Proprio ciò, aggiunge Putin, hanno ottenuto gli «oppositori» della Russia – cioè noi.
La crisi dell’Occidente non è cominciata ieri: già nel 20. secolo, i liberali affermavano che la «cosiddetta» società aperta ha dei nemici (Putin non la cita, ma si riferisce all’opera centrale di Karl Popper: La società aperta e i suoi nemici). Affinché il modello di sviluppo occidentale non si spezzi, prosegue Putin, L’Occidente limita la libertà di proporre modelli diversi, li qualifica come propaganda e come minacce contro la democrazia.
Il «cosiddetto Occidente» – continua il presidente russo – non è un blocco indifferenziato, è un conglomerato complesso. Vi sono almeno due diversi Occidenti. Da una parte, un «Occidente tradizionale» portatore dei valori cristiani (e anche islamici), di libertà e ricchezza di cultura; questo Occidente ha radici antiche ed più vicino alla Russia. L’altro Occidente è «aggressivo e neo-coloniale» ed è l’arma delle élite neoliberali. Al diktat di questa parte dell’Occidente la Russia non si piegherà.
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L’Occidente, constata Putin, non è in grado di guidare da solo l’umanità, ma ci prova, nella sua disperazione. La maggioranza della popolazione del mondo rifiuta il modello di sviluppo occidentale, dice il presidente russo: questa situazione è il presupposto tipico di una rivoluzione. La pretesa dell’Occidente di universalità del suo modello può causare catene di conflitti. Questo contrasto, dice Putin, è fatale per l’intera umanità e per lo stesso Occidente. Il compito storico del nostro tempo è, secondo Putin, appianare questi contrasti.
Perché Putin vuole la guerra: maggioranze e minoranze del mondo
La maggioranza della popolazione mondiale abita l’est dell’Eurasia, dove, secondo l’immagine che Putin ha del mondo, risiedono le civilizzazioni più antiche. Putin mette in chiaro la visione della Russia: la base della civilizzazione umana sono le società tradizionali dell’Oriente, dell’America latina, dell’Africa e dell’Eurasia.
Putin afferma che l’Occidente sta perdendo la sua superiorità e diventa minoranza, sulla scena internazionale. Noi occidentali, e in particolare noi europei, nella convinzione di essere migliori di tutti gli altri, non ci accorgiamo che siamo ormai una periferia discosta, dei vassalli degli Stati uniti, senza facoltà di parola. I diritti dei Paesi europei, secondo Putin, sarebbero «fortemente ridotti» ad opera degli Stati uniti, «per usare un eufemismo,» sottolinea Putin.
Poiché l’Occidente è una minoranza – riconosce Putin con tono concessivo – anche i suoi diritti devono essere rispettati. La Russia non si immischia nelle questioni interne occidentali. Putin fa capire chiaramente con queste parole, qual è il nostro ruolo nel nuovo ordine mondiale: siamo una minoranza tollerata. Su di noi prevale la maggioranza dei non-occidentali.
Il viaggio dell’eroe, l’archetipo di Putin verso la Russia di domani
Secondo Putin, la parte aggressiva dell’Occidente sta tentando di dividere la Russia. Cita la guerra della Cecenia e i primi anni della sua presidenza, non a caso: nel mosaico del mondo russo l’Ucraina gioca oggi lo stesso ruolo della Cecenia all’inizio degli anni Duemila. La risolutezza di Putin è necessaria oggi come allora, poiché la Russia si trova, secondo lui, nuovamente alle soglie del disfacimento.
La Cecenia è una repubblica confederata, parte della Federazione russa. L’Ucraina, al contrario, è uno Stato indipendente. Putin non vede la differenza, poiché, secondo lui, ambedue sono parte della «grande Russia storica» alla quale si rivolge in modo esplicito, dopo la ripresa della guerra in Ucraina.
Putin riconosce di essere stato plasmato dall’esperienza maturata con la guerra in Cecenia, nei primi anni del suo mandato. Questa affermazione rivela che la guerra in Ucraina, nell’idea di mondo di Putin, si ricollega alle guerre caucasiche dei primi anni Duemila. Già allora, aggiunge Putin, l’economia russa si rivelò più forte di quanto ci si aspettava. Lascia intendere, così, che la Russia non deve temere le sanzioni di oggi.
Per lui, però, è ancora più importante essere consapevole che «la Russia è un grande Paese. I russi e le altre etnie del Paese sono spiritualmente disposti a lottare per affermarsi.» E’ questa certezza, dice Putin, a guidarlo nella situazione di oggi. In questo senso, la Russia deve valorizzare tutta la sua eredità storica, non può e non deve rinunciare a nulla.
Putin fa suo l’archetipo dell’eroe: deve sconfiggere il drago, cioè abbattere l’Occidente; salvare la fanciulla imprigionata, cioè la Russia; impossessarsi del tesoro, che è l’eredità storica della Russia, per edificare il regno, cioè la Russia del futuro, di cui è liberatore e sovrano.
PUTIN VUOLE LA GUERRA PER IL «MONDO MULTIPOLARE»
Ora, giudica Putin, il tempo della supremazia non condivisa dell’Occidente è finito. Il mondo unipolare diventa un ricordo del passato. L’umanità si trova di fronte a un bivio: o aggrava ancora i problemi esistenti, o prova a risolverli di comune accordo, non in modo idealistico, ma lavorando in concreto affinché il mondo diventi un luogo più stabile e sicuro.
L’ordine mondiale multipolare sta emergendo davanti ai nostri occhi. In questo ordine mondiale di nuovo conio, la Russia afferma il proprio diritto di esistere – cosa che, del resto, nessuno ha mai messo in discussione – e di svilupparsi secondo il suo percorso. Tutto ciò che sta succedendo in questo momento – la guerra in Ucraina e il nuovo orientamento della visione di Mosca verso l’esterno – sta portando un grande beneficio alla Russia, dice Putin: il Paese sta rafforzando la sua sovranità. Sfugge così al destino di degenerare in una semi-colonia politica, economica e tecnologica dell’Occidente.
La particolarità della Russia, dice Putin, è che la sua posizione di fronte alle minacce esterne – cioè di fronte all’Occidente – incontra totale consenso nel resto del mondo e questo consenso può solo crescere. La critica alla Russia arriva solo da occidentali e da persone cresciute nella visione del mondo occidentale, che non capiscono la visione russa.
Qui Putin riprende un argomento di Dugin e non solo, secondo cui la concezione della geopolitica si orienta al contesto nel quale viene studiata. Anche secondo Putin, non vi è una concezione unica delle relazioni internazionali. Ogni loro rappresentazione sarebbe radicata relativisticamente nell’immagine di mondo nella quale l’osservatore si forma.
Perché Putin vuole la guerra: le regole del nuovo mondo
Alla domanda su quali regole dovranno governare il nuovo ordine mondiale multipolare, Putin risponde in un modo che inizialmente sorprende. Noi crediamo, dice il presidente, che il nuovo ordine mondiale debba essere fondato su leggi e norme, libertà ed economia di mercato, sotto l’ombrello delle Nazioni unite.
Che non ci si debba rallegrare troppo in fretta di questa affermazione lo mostrano quelle che la seguono. Il mondo cambia, aggiunge Putin, le regole devono essere adattate in conseguenza. Le norme esistenti sono state elaborate dall’Occidente e servono solo a indebolire i suoi concorrenti, afferma Putin.
I diritti umani possono causare l’indebolimento degli Stati. Qui Putin cita il caso della Cina, con un’affermazione tanto pesante quanto compiaciuta, che cade come un sasso sulle orecchie di chi ascolta: il rispetto dei diritti umani in certe regioni della Cina, osserva, sarebbe impossibile, perché comporterebbe la disgregazione dello Stato. Putin si riferisce agli uiguri e alle altre minoranze che Pechino reprime sistematicamente.
Questo esempio illustra come pochi altri come Putin intenda il contratto sociale: Lo Stato prevale, se il rispetto dei diritti individuali lo mette in pericolo. Questo è il perno intorno al quale si capovolge la visione del mondo – anzi, la visione della persona umana, tra la Russia e l’Occidente.
La «sinfonia delle civilizzazioni» suona nel mondo multipolare
A conclusione del suo intervento Putin pone una frase a effetto: «Dobbiamo assumerci la nostra responsabilità di fronte al mondo e costruire una sinfonia delle civilizzazioni.» Il nuovo mondo sarà un «mondo senza sanzioni» – in altre parole, un mondo in cui ogni Stato potrà fare e disfare ciò che vuole. L’unico limite alla totale libertà di azione sarà l’equilibrio degli interessi.
Da un mondo all’apparenza costruttivista e fondato sulle regole, Putin ricade, con uno spettacolare capitombolo – che si nota solo se si conosce il retroterra delle sue parole – in un ordine mondiale drasticamente realista. Regimi autoritari, violazioni dei diritti umani, oppressione delle minoranze e simili sono parte del gioco, se servono a mantenere l’equilibrio degli interessi. Cosa Putin intenda con questa espressione lo vedremo più avanti.
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Ammirazione e consensi: fascino ipnotico e adulazioni
Dopo tre ore e mezza complessive tra discorso, domande e risposte, l’intervento di Putin si conclude. Si potrebbe raccontare molto sugli ascoltatori presenti, ma mi limito ad alcune punte. Nel pubblico sedevano prevalentemente, vicino ai russi, rappresentanti di Asia, Africa e America latina; Stati come il Canada o la Moldova sembravano rappresentati solo da attivisti filorussi.
Su questo uditorio Putin esercitava un fascino quasi ipnotico. Lo si capiva dal linguaggio del corpo dei partecipanti, dalle risate dopo le battute e le barzellette con le quali Putin si prendeva gioco dell’Ucraina e dell’Occidente; dai sorrisoni soddisfatti e dall’interminabile annuire di molte teste, nella sala conferenze strapiena. Il numero più bizzarro è stato quello di una partecipante asiatica, che, dopo aver posto la sua domanda, ha chiesto a Putin di ricevere una sua foto autografata, perché lo ammira tanto.
La conferenza del Club Valdaj vuol essere il contrapposto russo alla Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza. A Monaco, però, non di rado le domande dei partecipanti, sempre piuttosto competenti, mettono in grossa difficoltà gli oratori. Gli interventi del pubblico del Valdaj sembravano servire solo a confermare, rafforzare e incensare le affermazioni di Putin, in modo così spudorato che a tratti il giro di domande e risposte sembrava un contorno precotto al discorso del presidente.
PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO LE «REGOLE»
Nel discorso di Putin al Valdaj compaiono tesi più semplici da confutare; altre che richiedono un’elaborazione più estesa, perché al primo sguardo sembrano persino lodevoli principi di umanità. Inoltre, vi sono alcune verità con le quali noi, in Occidente, dovremmo confrontarci.
Le regole scritte dall’Occidente: uno dei perché Putin vuole la guerra
Putin pensa che il mondo si muova seguendo regole scritte solo dall’Occidente. Non è vero. La Russia partecipa da sempre all’elaborazione del diritto internazionale. Ha contribuito a scrivere e ha firmato trattati internazionali. Quando l’Unione sovietica si sciolse, la Russia si assunse per sua libera decisione tutti gli obblighi e i diritti connessi agli accordi internazionali in vigore, poiché subentrò esplicitamente e di propria volontà nella successione giuridica della disciolta Unione sovietica.
La Russia post-sovietica, da parte sua, ha siglato innumerevoli trattati, in molti di questi riconosce le frontiere e la sovranità dell’Ucraina. Il rimprovero secondo cui la Russia dovrebbe attenersi a norme internazionali che sono state elaborate solo in Occidente, e che ora le verrebbero imposte, è privo di fondamento e non richiede di essere ulteriormente discusso qui.
Nella visione di Putin, l’Occidente avrebbe commesso gravi errori sistemici. Cita l’introduzione di sanzioni contro la Russia, le modificazioni al mercato dell’energia e le altre, gravi decisioni che la comunità internazionale ha dovuto assumere in conseguenza della ripresa della guerra in Ucraina.
Putin ritiene che queste azioni siano errate, poiché non prende in considerazione la loro causa. Vede la guerra in Ucraina come operazione militare di portata interna. In Ucraina, la Russia, secondo lui, combatte contro intrusi, «fascisti» (o, ultimamente, «satanisti») che nel 1991 hanno dichiarato uno Stato indipendente su una parte di territorio russo e da quel momento lo governano senza averne diritto.
Guerra d’Ucraina e guerra di Cecenia: la continuità
Per questo motivo, secondo Putin, la questione ucraina, al resto del mondo, non deve interessare. Come la guerra di Cecenia, anche la guerra d’Ucraina è e resta, nella visione del mondo di Putin, una questione di mantenimento della sovranità territoriale russa. Le Nazioni unite e gli altri Stati non devono immischiarsi in questo affare interno di Mosca. La non-ingerenza negli affari interni di uno Stato, però, è un principio del diritto internazionale. Vi sono, allora, principi giuridici che Putin accetta, a proprio arbitrio, e non li squalifica come «imposizione occidentale» – un diritto internazionale à la carte.
Se si elimina la guerra in Ucraina come causa delle sanzioni e delle decisioni conseguenti, davvero non le si capisce più. La Russia si comporta come un omicida condannato che continua a insistere di non aver ucciso nessuno. Crede, perciò, che essere spedito in carcere sia un errore dei giudici.
COS’E’ IL MONDO MULTIPOLARE PER IL QUALE PUTIN VUOLE LA GUERRA
Il mondo unipolare di marca occidentale si vuole liberale, ma non accetta alcuna alternativa alla democrazia, lamenta Putin, e aggiunge: l’Occidente considera creature di serie B tutti coloro che rifiutano i suoi principi.
Ora, dice Putin, il mondo unipolare deve essere sostituito da un mondo multipolare. Ogni civilizzazione ha una diversa concezione dell’Uomo e della sua natura. Mentre i valori occidentali mirano all’universalità, i valori tradizionali delle altre civilizzazioni non sono postulati fissi e riproducibili, che si adattano a tutti. Dipendono dalla tradizione, dalla cultura e dal divenire storico di ogni società. Dobbiamo tenere conto di ogni punto di vista, di ogni popolo, società, cultura, visione del mondo e orientamento religioso. Nel mondo multipolare non si può imporre una «verità unica.»
Queste affermazioni di Putin contengono un seguito di verità lapalissiane che abbondano in ogni riga e in ogni angolo, nei discorsi di Putin stesso e di tutti i politici populisti. Chi sente queste parole ha l’impressione che gli si accenda improvvisamente una luce: così dev’essere un mondo giusto! Putin ha ragione – penserà.
Se però si ricerca che cosa significa «mondo multipolare» nella dottrina russa delle relazioni internazionali, se ne trova una definizione che rallegra assai meno, nella brillante rappresentazione data da Aleksandr Dugin durante una conferenza tenuta all’Università di Mosca nel 2012:
«Многополярная теория – это очень революционная, острая теория […] Многополярность исключает однополярность, потому что предполагает, что решения […] определяется не в одном центре, а в нескольких. Соответственно, многополярный мир и однополярный мир – антитезис. […] Надо уничтожить однополярный мир и […] если он сам не хочет закончить[ся], надо приблизить его конец. Это очень агрессивная, жесткая позиция. […] многополярный мир возможен только после окончательной и бесповоротной ликвидации однополярного мира.»
«La teoria multipolare è una teoria molto rivoluzionaria ed estrema […] La multipolarità esclude la monopolarità, perché presuppone che le decisioni […] vengano prese non in un unico centro, ma in diversi centri. In conseguenza, il mondo multipolare e quello unipolare sono antitetici […] Bisogna distruggere il mondo unipolare, e […] se questo non è disposto a scomparire, bisogna avvicinare la sua fine. Questa è una posizione molto dura e aggressiva […] Il mondo multipolare sarà possibile solo dopo che il mondo unipolare sarà stato liquidato in modo definitivo e irreversibile.»
Il mondo multipolare non è un prato fiorito
Il mondo multipolare dei russi, perciò, non è quel prato fiorito sul quale le diverse culture vivono in varietà e felice accordo. E‘ innanzitutto un grido di guerra contro la democrazia e i diritti umani. Dugin ha ragione: sono due mondi opposti l’uno all’altro. Putin, da parte sua, precisa questo principio esplicitamente, quando, nel suo discorso del Valdaj, afferma che la democrazia non è l’unico modello di società possibile:
«В мире могут возникнуть альтернативные общественные модели – более эффективные, хочу это подчеркнуть, более эффективные в сегодняшнем дне, яркие, привлекательные, чем те, что есть. Но такие модели обязательно будут развиваться – это неизбежно.»
«Al mondo possono sorgere modelli di società alternativi e più efficaci, voglio sottolinearlo: più efficaci al giorno d’oggi, più luminosi e attraenti di quelli che esistono ora. Questi modelli si svilupperanno necessariamente, è inevitabile.»
Il presidente non le cita, ma si riferisce senza equivoco alle forme di governo autoritario in un ampio spettro che va dall’Ungheria alla Cina, passando per la Russia e altre simili pseudo-democrazie. Questi «modelli alternativi si svilupperanno necessariamente, è inevitabile» – dice Putin con tono monitorio. Ciò sarebbe provato, secondo lui, dal fatto che la maggioranza della popolazione mondiale rifiuta il modello di sviluppo occidentale.
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Tutte le civilizzazioni riconoscono nell’alta dignità e nell’essenza spirituale dell’Uomo il fondamento più importante della costruzione del nostro futuro, sentenzia Putin. Se si guarda alla Russia, alla Cina e alle altre società autocratiche che dovrebbero formare il mondo multipolare, si ha fondato motivo di mettere in dubbio questa affermazione.
Uomini senza diritti e «civilizzazioni alternative»
Se ne desume, per converso, che vi sarebbero Uomini, nella visione del mondo russa, che non possono pretendere le libertà fondamentali e la democrazia, i diritti umani, e ciò a buona ragione. Perché appartengono a «sistemi sociali alternativi» nei quali la persona umana non può aspirare a veder riconosciuta la sua espressione individuale. Questo principio è espresso da Dugin quando afferma che:
«Любые претензии […] относительно того, что западные ценности есть ценности универсальные, а соответственно, что все народы должны принять национальное государство, парламентскую систему разделения властей, идеологию прав человека, рыночную экономику, независимую прессу – все эти претензии должны быть обращены назад […] Западу это нравится? Замечательно, ну и соблюдайте их. У нас другие права и другой человек и другая социальная антропология у других обществ.»
«Ogni pretesa […] relativa al fatto che i valori occidentali sono valori universali, e in conseguenza che tutti i popoli devono accettare lo Stato nazionale, il sistema parlamentare della separazione dei poteri, l’ideologia dei diritti umani, l’economia di mercato, la stampa indipendente – tutte queste pretese devono essere respinte […] All’Occidente piacciono i diritti umani? Meraviglioso, che li rispetti. Noi abbiamo altri diritti, un altro Uomo, un’altra antropologia sociale in altre società.»
«Abbiamo un altro uomo» («другой человек»). Un uomo, dunque, che non deve aspirare ai diritti fondamentali, alla democrazia e a tutto il discorso «occidentale» sulla centralità della persona umana. Putin, da parte sua, esprime lo stesso principio quando afferma:
«Se l’Occidente vuole introdurre l’ideologia gender e organizzare le Gay-Parade, lo faccia. La Russia non si immischia nelle questioni interne occidentali.»
Con altre parole, Putin prende la stessa posizione di Dugin: noi siamo altro, abbiamo altri Uomini. Il presidente russo cita consapevolmente la questione omosessuale, perché sa che questo tema, come la questione delle migrazioni, è un ambito dei diritti fondamentali molto controverso in Occidente. Con queste argomentazioni Putin raccoglie consenso e semina divisione nelle società occidentali. Se Putin citasse direttamente i diritti che aggredisce, con la sua visione del mondo – separazione dei poteri, libertà di espressione e altre libertà fondamentali – le popolazioni occidentali reagirebbero negativamente (almeno per il momento, in futuro si vedrà).
Perché Putin vuole la guerra: mondo multipolare o multilaterale?
Come sempre, Putin esprime in forma più eufemistica e politicamente presentabile gli stessi concetti che Dugin formula in modo estremo e dottrinario. E’ solo questione di tempo, e anche la versione dura e originale diventa normalità, nel dibattito pubblico. L’esempio più calzante è proprio la guerra in ucraina. Nel 2014 Dugin fu punito con l’allontanamento dall’università, per aver aizzato all’uccisione degli ucraini; oggi, il genocidio contro gli ucraini avviene tutti i giorni e nessuno viene più punito per questo motivo, anzi: viene arrestato e malmenato chi leva la sua voce contro la guerra.
Dobbiamo infine distinguere il mondo multipolare di Dugin e Putin dal mondo multilaterale. Questi termini, in Occidente, vengono spesso usati come sinonimi, ma non lo sono. Cosa significhi per i russi mondo multipolare l’ho appena spiegato.
Mondo multilaterale significa, per noi in Occidente, un mondo nel quale le decisioni vengono prese in un clima di concertazione tra tutti gli Stati. Per la dottrina russa, il significato è più ristretto: il multilateralismo si esercita, secondo i russi, solo tra gli Stati uniti e i loro alleati, escludendo tutti gli altri. Non è possibile approfondire qui queste diverse concezioni. E’ importante, però, sapere che mondo multipolare e mondo multilaterale non sono la stessa cosa.
PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA: «EQUILIBRIO DEGLI INTERESSI»
La base del mondo multipolare non sono i diritti umani, perciò, ma l’equilibrio degli interessi tra i diversi attori. Attori del nuovo ordine mondiale non sono più gli Stati nazionali, ma le civilizzazioni. Qui Putin riprende un altro concetto-chiave della dottrina di Aleksandr Dugin, secondo il quale le protagoniste del mondo multipolare saranno, appunto, le civilizzazioni – non le classi, come nel marxismo; non lo Stato, come nel realismo; non il sistema democratico, come nel liberalismo.
Le civilizzazioni diventeranno soggetti dotati di personalità e capacità giuridica, all’interno delle relazioni internazionali e del diritto internazionale, dice Dugin, seguendo la «teoria dei grandi spazi» formulata dal giurista tedesco Karl Schmitt.
Cosa sono le «civilizzazioni» nella visione del mondo russa
Come si costruisce una civilizzazione e cosa significa questo concetto, nelle menti di Dugin e Putin? Le civilizzazioni sono i poli del mondo multipolare. L’Eurasia è una civilizzazione, dove con Eurasia si intende di fatto lo spazio post-sovietico e prima russo-imperiale. Un altro esempio, citato esplicitamente sia da Putin sia da Dugin, è l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SOC), che ha aperto una nuova era di relazioni in Oriente, dicono entrambi quasi con le stesse parole.
L’Unione europea è una civilizzazione, ma ha un difetto, dice Dugin. Deve abbandonare la «geopolitica del mare» – quella di Stati uniti e Regno unito – e aggregarsi alla «geopolitica continentale,» che caratterizza le relazioni internazionali della Russia. Il politologo russo lo spiega in modo esauriente nel suo corso di geopolitica tenuto all’Università di Mosca nel 2012. L’Europa diventa di fatto un soggetto subordinato della civilizzazione russa ed eurasiatica. Così dev’essere «L’Europa che vogliamo noi russi» – come ho sentito dire con le mie orecchie a Dugin, durante una conferenza da lui tenuta a Lugano nel giugno 2019 (>qui l’analisi).
Le «civilizzazioni» non sono quindi unità etniche, nel mondo multipolare, ma costrutti nei quali più popoli sono subordinati a un soggetto più forte, che detta le regole della rispettiva «civilizzazione:» La Russia nello spazio post-sovietico e in Europa, la Cina nel Sud-Est asiatico, e così via. I motori del mondo multipolare, nella visione del mondo russa, sono tutti coloro che sul piano economico, politico e militare, ideologico e culturale, si oppongono agli Stati uniti: Cina, Iran, America latina e altri, elenca Dugin.
La Russia è pronta a sostenere queste forze. La fondazione del canale televisivo Russia Today in lingua spagnola, nota curiosamente Dugin nella sua conferenza sul mondo multipolare, è avvenuta proprio per sostenere i Paesi latinoamericani nello sviluppo della loro civilizzazione in «senso indipendente» contro gli Stati uniti.
Con chi e perché Putin non vuole la guerra?
Questa posizione di Dugin si riflette nell’affermazione di Putin al Valdaj, quando afferma:
«La Russia è pronta a cooperare con i Paesi che sono sovrani nelle loro decisioni fondamentali. I Paesi che voglio avere buone relazioni con la Russia devono mostrare che difendono i loro interessi.»
La frase è inequivocabile: la Russia è aperta verso tutti quegli Stati che si sottraggono alla cooperazione internazionale con gli Stati uniti e l’Occidente. Al posto dell’Unione europea e delle altre istituzioni di stampo occidentale arrivano l’Unione eurasiatica e il noto e temuto progetto dell’Europa «da Lisbona a Vladivostok.»
Comandamento supremo del nuovo ordine mondiale è il mantenimento delle «civilizzazioni,» costi quel che costi, sotto la guida del più forte. Se georgiani, ucraini e altri non si sentono parte della civilizzazione eurasiatica, devono essere tenuti sotto il suo tetto con la forza. Agli uiguri e alle altre minoranze della Cina deve essere negato il diritto all’autodeterminazione, perché in questo caso, come osserva Putin in modo esplicito – l’abbiamo detto poco sopra – il rispetto dei diritti umani metterebbe in pericolo lo Stato.
In questa visione del mondo, entità come gli Stati del Centro Europa, del Caucaso e dell’Asia centrale non hanno alcuna personalità propria. Possono esistere solo in quanto zone di influenza subordinate alla potenza che domina la rispettiva «civilizzazione.» Putin esprime questo principio quando dichiara, nel suo discorso del Valdaj:
«La sovranità dell’Ucraina può essere garantita solo dalla Russia, perché l’Ucraina è stata creata dalla Russia.»
Dal punto di vista storico e giuridico questa affermazione è una sciocchezza, ma rientra alla perfezione nella dottrina russa del mondo multipolare.
Il mondo di Putin come «unica opportunità» per noi
Questo principio non vale solo per ucraini, georgiani e popoli confinanti. Il mondo multipolare è «l’unica opportunità anche per i Paesi europei – cioè per noi – di esercitare soggettività politica ed economica,» soggiunge Putin. In questo momento noi europei non siamo disponibili, ma, afferma Putin:
«Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a proposito del loro futuro comune, per raggiungere un equilibrio degli interessi. Il dialogo tra la Russia e l’Occidente autentico e tradizionale sarà il più importante contributo all’ordine mondiale multipolare.»
L‘«Occidente autentico e tradizionale» è quello i cui valori corrispondono ai postulati dei partiti filorussi e populisti, sia di destra sia di sinistra. Il messaggio è chiaro: la Russia, in combutta con le forze filorusse europee, plasmerà il nostro continente a sua immagine e somiglianza.
Torniamo brevemente a Dugin, che dice: «Dobbiamo concentrarci sulla fondazione della civilizzazione come attore, come soggetto delle strutture del mondo multipolare. Questo è l’elemento più importante.» L’equilibrio degli interessi tra le civilizzazioni significa, perciò, verso l’interno, che la potenza dominante di ciascuna civilizzazione consolida il suo potere, con qualunque mezzo. Afferma Putin:
«Смена вех – процесс болезненный, но естественный и неизбежный»
«Un cambiamento epocale è un processo doloroso, ma naturale e inevitabile.»
Guerra e violenza sono messe in conto e vanno sofferte, come passi di una spinta naturale e insopprimibile. La guerra in Ucraina è espressione ed esempio di questo processo di riequilibrio. Si noti quanto spesso Putin usa il termine неизбежно – inevitabile: su uno sfondo storicistico e con un’ebbrezza quasi religiosa, Putin vede l’umanità come una comunità legata da un unico destino.
Verso l’esterno, il concetto di equilibrio degli interessi tra le civilizzazioni assomiglia a ciò che nella dottrina delle relazioni internazionali si definisce equilibrio di potenza (Balance of power). Il mantenimento dell’equilibro di potenza prevale, nei realisti, sul rispetto di regole e valori. Così è anche nel nuovo ordine mondiale di Putin.
PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA: LE VERITÀ SCOMODE PER NOI
L’idea di mondo di Putin contiene molte distorsioni della Storia e della realtà. A fianco di queste, però, emergono fatti che dimentichiamo troppo spesso. Sono verità che possono diventare rapidamente un cappio al collo per noi, se continuiamo ad accettare la realtà senza reagire.
L’Occidente – il mondo della società aperta, dell’economia di mercato e dei diritti umani – è davvero una minoranza, rispetto al resto del pianeta. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite è composto a maggioranza schiacciante da Paesi che non rispettano i diritti umani. Un’economia di mercato, non senza macchie ma funzionante, esiste di fatto solo in Occidente, poiché ad altre latitudini l’economia è diretta o dal crimine organizzato, per mezzo di corruzione e violenza, o da oligarchi o dallo Stato, o da tutte queste cose messe insieme.
Una società non priva di difetti ma pur sempre aperta, nella quale i cittadini possono esprimere i loro talenti, possono contare su una giustizia generalmente indipendente e possono influire sulla legislazione attraverso una rappresentanza parlamentare votata liberamente – tutto ciò l’abbiamo, nella misura massima oggi possibile, solo noi in Occidente. Il nostro modello di sviluppo presenta molte lacune, ma tutti gli altri sono peggiori.
In quanto minoranza del mondo, possiamo conservare il nostro modello di società solo se manteniamo nel tempo il nostro primato intellettuale. La ricerca e lo sviluppo nelle scienze, tecniche e umane, sono la base del nostro benessere e delle nostre libertà. Finché sediamo in prima fila per capacità intellettuali, abbiamo l’opportunità di trasmettere alle prossime generazioni i valori fondamentali della nostra società, anche se siamo minoranza.
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Putin vuole la guerra perché il primato dell’Occidente è in bilico
Vladimir Putin ritiene che il modello neoliberale di sviluppo dell’Occidente sia entrato in una crisi dottrinale. Putin ha ragione. Nel progresso tecnologico manteniamo il primato, ma nelle scienze umane siamo oggi più deboli che mai. Le scienze umane sono il presupposto della capacità di giudizio nelle questioni fondamentali di valore, dove è necessario saper distinguere il vero dal falso – poiché è possibile, distinguere il vero dal falso.
Un’ordinata scienza della politica, come fondamento dello sviluppo della nostra società sulla base sicura dei valori fondamentali, presuppone un sano e diffuso sapere umanistico. La guerra in Ucraina ha denudato senza pudore la debolezza intellettuale dell’Occidente. Politici dei parlamenti d’Europa che sostengono le sanguinose azioni del regime russo; ministri e capi di governo che discettano senza risultati per settimane, anzi mesi, sulle forniture di armi; docenti che diffondono letture falsificate della Storia; televisioni e giornali di largo ascolto, talvolta persino obbligati al servizio pubblico, che offrono palcoscenici e milioni di ascoltatori a leader d’opinione nei quali non si riconosce la minima competenza.
Il dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina ha messo in luce quanto in fretta possiamo diventare davvero la minoranza ammutolita che Putin e i suoi scherani deridono in noi. Rinunciando al nostro primato nelle scienze umane, perdiamo la capacità di prendere posizioni chiare. Indecisi tra vero e falso, per mancanza di capacità di giudizio, abbiamo elevato l’indifferenza a equità e ne facciamo dibattiti che sconfinano nell’eternamente insignificante.
Così noi, gli autoproclamati protagonisti del gran teatro del mondo, diventiamo burattini di legno su un palcoscenico di provincia, nelle mani di burattinai spaventosi.
La «nuova frontiera» di Putin: verso il futuro oppure…
Il mondo unipolare – dunque il mondo dei valori occidentali, dei nostri valori – apparterrà presto al passato, ammonisce Putin. Anche su questo ci avrà preso, se noi non interveniamo rapidamente contro l’inaridimento della nostra capacità di pensiero.
Il mondo, osserva Putin con ragione, è sulla soglia di una nuova frontiera. Noi, da parte nostra, dovremmo fare in modo che questa frontiera, come disse Kennedy nel 1960, si apra verso il futuro; nell’idea di mondo di Putin, la nuova frontiera è un passo indietro verso il passato. Dove vogliamo andare?
PERCHÉ PUTIN VUOLE LA GUERRA CONTRO «L’UNIVERSALISMO»
Infine, lo spunto forse più importante del discorso di Putin. Il presidente russo lo riprende ancora una volta alla lettera dalla dottrina di Dugin. I valori occidentali – democrazia, diritti umani, diritto internazionale – hanno pretesa di universalità, ossia pretendono di valere per tutta l’umanità. Pertanto, secondo Putin, sono uno strumento di prevaricazione da parte dell’Occidente sul resto del mondo.
La validità universale dei diritti umani non è una pretesa coloniale dell’Occidente: è un pilastro della civiltà umana – non solo di quella occidentale. I diritti umani sono universali perché:
«Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo.»
Così stabilisce il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, promulgata nel 1948 dalle Nazioni unite e firmata anche dalla Russia (allora come Unione sovietica). I diritti oggettivi sono stabiliti dalla legge; i diritti soggettivi nascono dai rapporti giuridici; i diritti umani sono fondati esclusivamente sul fatto che nasciamo persone umane. Per questo motivo, ogni persona umana, non importa dove, gode degli stessi diritti umani.
Se si distingue – e in base a cosa, poi? – una persona A, che ha diritto alle libertà fondamentali, da una persona B, alla quale queste libertà vengono negate, il concetto di «diritto umano» perde il suo fondamento. Il principio dell’universalità dei diritti umani ha una storia antica. Compare in modo esplicito nella Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del cittadino del 1789, all’articolo 1:
«Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti.»
Il germe dei diritti umani emerge ancor più anticamente, nelle prime concessioni della monarchia inglese, dalla Magna Charta al Bill of Rights, in uno spazio di tempo tra il tredicesimo e il diciassettesimo secolo. Negando l’universalità dei diritti umani, la Russia mette in discussione un fondamento giuridico e storico per il quale l’umanità ha lottato a lungo e duramente. Se passa la visione russa, la civilizzazione umana torna indietro di secoli.
Putin vuole la guerra contro l’universalità dei diritti umani
La negazione dell’universalità dei diritti umani è forse l’elemento più importante della dottrina delle relazioni internazionali nella Russia post-sovietica. Se i diritti umani valgono senza distinzione per tutti gli Uomini, l’intero costrutto della teoria politica di Aleksandr Dugin crolla. Con esso cade la politica estera russa degli ultimi 20 anni, orchestrata da Vladimir Putin.
Il motivo dichiarato per il quale la dottrina russa rifiuta la validità dei diritti umani per tutti è che il mondo multipolare deve tenere conto della diversità delle culture. In realtà, la Russia e gli altri Stati illiberali voglio tenere aperti degli spazi in cui i governi dittatoriali possano esercitare il loro potere indisturbati, circondati solo da alleati consenzienti, incapaci di autodeterminazione.
L’Occidente non è privo di colpe: l’Europa e gli Stati uniti, nella loro lunga storia, hanno accumulato molti debiti. Si possono trovare numerose circostanze nelle quali il modello occidentale è stato davvero imposto con prevaricazione coloniale.
E’ anche vero ciò che afferma Dugin, quando osserva che lo Stato nazionale non è più adeguato al mondo di oggi e che vi sono popoli che hanno difficoltà ad applicare i principi della democrazia. Ciò premesso, ridurre i diritti umani e il diritto internazionale a uno strumento di dominio occidentale non è la soluzione del problema.
Il modello di sviluppo occidentale si impone perché è un modello di successo. Putin pensa, l’ho già citato, che la maggioranza dell’umanità respinga il nostro modello di società. Certo, esiste un diffuso antioccidentalismo, nel mondo, in parte motivato, in parte dovuto a ignoranza e presunzione.
Tuttavia, le donne iraniane che dimostrano contro l’obbligo del velo; i migranti africani che sbarcano ogni giorno sulle coste meridionali dell’Europa; gli oligarchi russi e gli arrampicatori sociali asiatici che vogliono studiare e fare business in Occidente sono attratti tutti dal nostro modello di sviluppo, perché gli Uomini aspirano al progresso e alla libera realizzazione della loro personalità. La costante mobilitazione in nome degli interessi dello Stato, di una religione o di una «civilizzazione» non è una ragione di vita.
Perché Putin vuole la guerra: una filosofia radicata a fondo
Indipendentemente da come finirà la guerra in Ucraina e da quanto tempo Putin resterà avvinghiato al potere, dovremo confrontarci ancora a lungo con la visione del mondo della Russia post-sovietica, poiché ha ingranato a fondo nelle teste dei decisori politici e dell’opinione pubblica, in Russia e in parte anche in Occidente.
La Russia non abbandonerà questa politica, se noi non ce ne difenderemo con vigore. Dopo gli insuccessi militari di Kyiv e Kharkiv, i russi hanno ritirato le loro truppe anche da Kherson. E‘ una ritirata militare, ma non un arretramento ideologico. E’ bene sottolineare un principio che molti politici occidentali sembrano non aver ancora recepito del tutto: la realizzazione della visione del mondo russa presuppone l’eliminazione dell’Occidente come luogo d’origine della società aperta, poiché la dottrina russa nega la validità universale dei diritti umani, che sono la base del modello di sviluppo occidentale.
Per raggiungere questo scopo, la Russia ritiene giustificato qualunque mezzo: guerra militare, ingerenza nei processi democratici, ricatto energetico. La guerra in Ucraina mostra quanto in fretta, in tutto ciò, vengano superati i freni inibitori della morale, perché, ricordiamolo: «La teoria multipolare è molto […] dura e aggressiva […]. Il mondo multipolare sarà possibile solo dopo che il mondo unipolare sarà stato liquidato in modo definitivo e irreversibile» – per citare ancora una volta la conferenza di Dugin.
Perché Putin vuole la guerra: Ucraina e discorso del Valdaj
Per concludere, un cenno allo sviluppo della guerra in Ucraina alla luce del discorso di Putin al Valdaj. Nel suo intervento, il presidente russo ha dichiarato le sue intenzioni con un’argomentazione passeggera ma pesantissima, che ho già citato poco sopra: «Il pragmatismo trionferà. Prima o poi l’Occidente e i nuovi centri dell’ordine mondiale multipolare dovranno parlarsi a pari livello, a proposito del loro futuro comune.»
Applicato alla quotidianità concreta della guerra, ciò significa: Putin porta all’esasperazione gli ucraini e l’Occidente con attacchi missilistici, terrorismo e tortura, nella convinzione che l’Ucraina e l’Occidente prima o poi cederanno, vorranno negoziare e accetteranno la visione del mondo russa per pragmatismo. I cosiddetti «pacifinti» occidentali – i partiti populisti, i leader d’opinione filorussi, la Chiesa cattolica – che si ergono contro il sostegno e le forniture di armi all’Ucraina, condividono la stessa convinzione di Putin.
Il discorso del presidente russo al Valdaj ha portato brillantemente alla luce come la guerra d’Ucraina sia solo una parte di un’aggressione che è rivolta a noi occidentali come difensori della modernità. Se vogliamo portare in salvo i valori del nostro modello di società oltre la «nuova frontiera,» dovremmo confrontarci seriamente con la visione del mondo russa, perché è nociva per noi.
Purtroppo non lo stiamo facendo. Cinguettiamo sui rami dell’albero, mentre la Russia colpisce energicamente con l’ascia il tronco della società aperta.
Sulla guerra in Ucraina circola un detto che gli ucraini hanno elevato a motto della loro lotta resistenza: «Se la Russia smette di combattere, non ci sarà più guerra; se l’Ucraina smette di combattere, non ci sarà più l’Ucraina.» E’ una verità parziale. La verità completa è che se l’Ucraina e noi stessi smettiamo di combattere, non ci sarà più né l’Ucraina, né il modello di sviluppo della modernità.