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Napoli Millenaria, la direttrice Valente: “Celebreremo città non come museo a cielo aperto, ma come laboratorio culturale in movimento”

La direttrice artistica delle celebrazioni spiega la visione: “Sistema dinamico tra ricerca e creatività. L’arte non cambia il mondo, ma può cambiare il modo in cui lo guardiamo. L’inclusione è al centro”

Napoli si prepara a celebrare i 2.500 anni dalla fondazione di Neapolis, un anniversario che diventa occasione per un racconto collettivo della città, intrecciando storia, cultura e innovazione. Un appuntamento che va oltre la semplice commemorazione e diventa un’opportunità per costruire nuovi ponti tra passato, presente e futuro. Ne parliamo con Laura Valente, direttrice artistica delle celebrazioni.Cosa rappresentano queste celebrazioni? Perché è così importante ricordare la storia millenaria di Napoli?«Le celebrazioni dei 2.500 anni di Neapolis sono un’opportunità unica per raccontare una città che ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia del Mediterraneo. Napoli non è mai stata un luogo chiuso in sé stesso: la sua energia si espande nel mondo e poi ritorna. Abbiamo costruito un percorso che unisce storia, innovazione e creatività, con la partecipazione di istituzioni pubbliche e private. Il nostro obiettivo è creare eventi che non siano solo rievocativi, ma che contribuiscano a scrivere il futuro della città».

Come sono state strutturate le celebrazioni?«Abbiamo lavorato seguendo un metodo basato sull’ascolto e sul confronto: oltre 80 istituzioni nazionali e internazionali hanno aderito, e il numero continua a crescere. Un esempio è il Miglio della Memoria, un percorso tra archivi storici della città in cui documenti inediti verranno raccontati anche attraverso performance artistiche. Tra gli appuntamenti più significativi ci saranno spettacoli teatrali, concerti e installazioni urbane che faranno dialogare la Napoli di ieri con quella di oggi».

Perché nel Comitato organizzativo non ci sono storici e archeologi?«Il Comitato lavora in sinergia con le istituzioni di riferimento, dalle università ai musei, dal Teatro Mercadante al Parco Archeologico di Pompei. Abbiamo attivato collaborazioni con esperti di diverse discipline, coinvolgendoli in progetti specifici. L’obiettivo è creare una rete di competenze che permetta di valorizzare il patrimonio storico con uno sguardo contemporaneo, senza limitarci a un approccio accademico. La visione del sindaco Manfredi è quella di un sistema culturale dinamico, capace di unire ricerca e creatività».

Qual è il filo conduttore delle celebrazioni?«Abbiamo scelto il claim Napoli Millenaria, un omaggio all’eduardiana Napoli milionaria!, perché Napoli è una città che ha sempre saputo reinventarsi, restando profondamente contemporanea. Eduardo De Filippo, quando scriveva i suoi capolavori, non pensava a diventare un “classico”, ma a raccontare la società attraverso la lente della sua poetica. Allo stesso modo, vogliamo celebrare Napoli non come un museo a cielo aperto, ma come un laboratorio culturale in costante movimento».

«Napoli ha una straordinaria capacità di fondere cultura alta e cultura popolare. Basti pensare a una figura come Roberto De Simone, il cui lavoro ha segnato profondamente la musica e il teatro italiani. Gli dedicheremo una mostra e un percorso di riscoperta delle tradizioni musicali napoletane, che arriverà fino ai suoni contemporanei del Mediterraneo. La cultura popolare napoletana è viva e in continua trasformazione: per questo vogliamo raccontarla come un elemento essenziale della nostra identità».

Le periferie saranno coinvolte nelle celebrazioni?

«Inclusione significa costruire un progetto che appartenga davvero a tutta la città. Per questo abbiamo avviato Scampia Project, che coinvolgerà le associazioni storiche del quartiere con mesi di laboratori e un grande concerto a settembre. Un altro luogo simbolo sarà l’Albergo dei Poveri, che diventerà un centro di aggregazione culturale con attività che spazieranno dalla musica rap alla letteratura, dal teatro alla performance. Inoltre, dedicheremo uno spettacolo alla Costituzione italiana, tradotta in napoletano, che attraverserà l’intera città, comprese le periferie. L’arte non cambia il mondo, ma può cambiare il modo in cui lo guardiamo e lo abitiamo»

Quali progetti continueranno oltre il 2025?«Il nostro obiettivo è far sì che questi progetti abbiano un futuro. Il Napoli Fringe Festival, per esempio, ha già raccolto oltre 350 proposte da artisti italiani e stranieri e sarà un appuntamento stabile. Inoltre, al Faro di Napoli proporremo una rassegna a cielo aperto che metterà in dialogo artisti internazionali. Come diceva Mahler: “La memoria non è conservazione delle ceneri, ma custodia del fuoco”. E il nostro compito è tenere acceso quel fuoco».