Lorini (Anec): La situazione è critica, serve una legge
Il vaso di Pandora è stato scoperto da Mario Lorini, presidente dell’associazione degli esercenti delle sale cinematografiche, l’Anec. Snocciolando i dati delle sanguinose perdite degli ultimi due anni nel corso della conferenza plenaria del 18 febbraio, ha affrontato varie tematiche legate all’affluenza ma anche al peso del cinema italiano, pressoché nullo.
Lorini, è il momento peggiore per le sale cinematografiche?
Sì purtroppo, non è più possibile girare intorno al problema: oltre ai dati di box office sotto del 70% rispetto al 2019, il nostro 2021 è andato peggio del 2020, unici in Europa. E c’è il dato allarmante di 500 sale di cui abbiamo perso le tracce: 500 strutture che al momento non hanno riaperto e non si sa se riapriranno.
Ha lanciato un appello alle istituzioni. Cosa può fare lo Stato?
Serve una legge che regolamenti il sistema delle finestre di uscita di un’opera. Un produttore è libero di dare un suo film alle piattaforme, ci mancherebbe. Ma se passa per la sala ci deve essere un’esclusiva. Il cinema deve essere un luogo con un valore, non un passaggio fittizio per incassare lo sgravio fiscale previsto dai finanziamenti per i film italiani. In questi due anni abbiamo visto di tutto. Film in sala pochi giorni, poche settimane e poi subito nella disponibilità delle piattaforme. E’ normale che, in questo modo, il pubblico si confonde e non ha grande stimolo nell’uscire di casa, trovare parcheggio e pagare un biglietto sapendo che quel titolo lo troverà presto da qualche parte comodamente dal divano di casa. Spendendo per andare al cinema in un pomeriggio, se pensiamo a tutta la famiglia, l’equivalente di 3 o 4 mesi ad un abbonamento streaming.
Quale pensa possa essere la soluzione più idonea e incisiva?
Come ha detto Luigi Lonigro (presidente distributori Anica e direttore 01 Distribution, ndr.) noi guardiamo al modello francese. Non così rigido e lungo, che va tra i 6 e i 9 mesi di passaggio esclusivo in sala. Ma almeno 90-120 giorni sì. Oggi questa regolamentazione non c’è, ognuno fa come vuole: il cinema italiano deve aspettare 30 giorni, che non sono niente, mentre tutti gli altri non hanno questi impedimenti e possono avere finestre temporali anche di poche settimane. In questo modo, senza una legge, l’industria è deregolamentata e la sala cinematografica perde il suo valore. Un valore prima industriale e poi socioculturale.
In tutto ciò il cinema italiano, inteso come prodotto filmico, ha una responsabilità enorme e non sta contribuendo affatto a far tornare la gente in sala.
Nel 2021 sono usciti al cinema 350 film, di questi 150 italiani. La quota mercato sul box office complessivo dei nostri film è del 20%, il resto appannaggio delle major americane e in piccolissima parte del cinema europeo e asiatico. Ma a fare quel 20% sono stati solo 5 titoli: Come un gatto in Tangenziale Ritorno a Coccia di Morto, Me contro Te, Freaks Out, Diabolik e il film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, che era un titolo Netflix e ha avuto sale limitate per non essere sfruttato troppo e visto online, con sole tre settimane di permanenza sul grande schermo. Era un titolo sul quale Netflix doveva fare campagna abbonamenti. E ora corre per l’Italia agli Oscar.