Lo Stato dell’Alberta elimina il passaporto vaccinale, i camionisti hanno vinto.
Il governatore Kenney cede e annuncia la fine di altre restrizioni: «L’emergenza non può durare per sempre». Il motivo? Il blocco del ponte che unisce il Canada a Detroit. L’automotive non gradiva.
Il classico articolo che potrebbe comporsi di un’unica riga: i camionisti canadesi hanno vinto. Dopo un giorno di serrate trattative e pesantissime accuse al primo ministro, Justine Trudeau, nel corso del question time in Parlamento, il governatore dello Stato dell’Alberta, Jason Kenney, ha capitolato: alle 20.13 ora canadese, ha annunciato che a partire dalla mezzanotte cessava l’operatività del Restrictions Exemption Program.
Ovvero, il sistema di passaporto vaccinale contro cui protestavano da giorni i camionisti. Ma non solo. Smentendo in maniera totale l’approccio da legge e ordine ribadito solo poche ore prima da un sempre più isolato – e non solo per la positività al Covid – primo ministro, Kenney annunciava anche l’inizio di un percorso in tre fasi per uscire definitivamente dall’emergenza. E’ arrivato il tempo di cominciare a convivere con il virus, queste restrizioni hanno portato a una terribile divisione della società, ha dichiarato il politico, a detta del quale dopo lo stop al passaporto vaccinale seguirà immediatamente la fine di tutte le restrizioni per i bambini, fra cui la mascherina obbligatoria a partire da questo sabato: E’ arrivato il momento di lasciare i ragazzini vivere come tali.
Fra tre settimane, se i dati sanitari saranno in linea o migliorati rispetto a quelli attuali, via alla phase two, ovvero eliminazione dell’80% di tutte le altre restrizioni, fra cui l’obbligo di mascherina anche per adulti, le limitazioni di capienza e il lavoro da casa. Infine, phase three: se dagli ospedali non arriveranno più segnali di stress, fine di tutti i divieti. Con date, obiettivi e impegni precisi, in questo caso. Ma più interessante del cedimento di Kenney, è il motivo che ha portato alla capitolazione totale del governatore dell’Alberta, come mostra questo grafico:
il blocco dell’Ambassador Bridge, il ponte-arteria che unisce lo Winston in Ontario a Detroit, in Michigan.
La Motor City, la città dell’auto, già salvata da Barack Obama dopo l’inferno Lehman e divenuta appunto simbolo di rinascita economica. Sono bastate le parole di Brian Kingston, presidente e CeO della Canadian Vehicle Manufacturers’ Association a Bloomberg per sbloccare l’impasse: Una chiusura totale e a tempo indeterminato del ponte avrebbe conseguenze catastrofiche per l’economia canadese. Da quell’arteria dipende il 25% circa del nostro commercio di merci e beni, si tratta del passaggio di confine fra Canada e Usa più strategico in assoluto.
Ancora più drammatico (e interessato) l’appello di Robert Wildeboer, direttore esecutivo di Martinrea International Inc. sempre a BNN Bloomberg Television: Molto chiaramente, se si arrivasse a un blocco totale di quelle tratta di trasporto, l’industria dell’auto si bloccherebbe in maniera immediata in soli due giorni. E per chi si chiedesse quale sia l’interesse di Martinrea International nella disputa, la risposta sta in questo grafico:
uscita per miracolo dal tracollo pandemico della primavera 2020, l’azienda è la numero uno nella produzione di componentistica per auto. Con sede a Vaughan, Ontario, i suoi impianti frenanti, sospensioni, chassis, pannelli e trasmissioni finiscono direttamente alle big delle quattro ruote di Detroit. Attraversando quel ponte e a bordo di Tir.
Insomma, prima che la crisi facesse varcare nuovamente la linea gialla al titolo in contrattazione alla Borsa di Toronto, il mondo del business e dell’economia reale ha suonato la sveglia alla politica. La quale, nell’arco di poche ore, si è presentata in versione penitenziale davanti alle telecamere con il volto del governatore Jason Kenney. E con un crono-programma di uscita dall’emergenza preciso, il cui primo passo è divenuto operativo solo tre ore e mezza dopo.