LA CAMERA APPROVA AUMENTO DELLA SPESA MILITARE, CHE PAGHERANNO I CONTRIBUENTI
Non solo armi ed equipaggiamenti in supporto all’Ucraina, adesso il Governo italiano si è impegnato ad aumentare la spesa annuale destinata al settore militare.
L’ordine del giorno che impegna il Governo
La Camera dei Deputati ha infatti approvato con larga maggioranza, 391 voti favorevoli e 19 voti contrari, un ordine del giorno che impegna il Governo ad aumentare le risorse destinate alla difesa.
Il testo approvato è stato presentato dalla Lega e sottoscritto dal Partito Democratico, Forza Italia, Italia Viva, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia:
Anche l’Italia dovrebbe dare un segnale immediato, avviando l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Pil con un opportuno rapporto tra le componenti relative agli investimenti, all’esercizio ed al personale.
Ecco quindi l’obiettivo che il Governo Draghi si impegna a rispettare nei prossimi mesi: aumentare le risorse per la difesa fino ad arrivare al 2% del PIL nazionale.
Perché aumentare la spesa militare?
Proviamo a tradurre in numeri più concreti: secondo il Ministro della Difesa Guerini si passerà dai circa 25 miliardi di euro l’anno attuali a circa 38 miliardi di euro, che equivalgono a 104 milioni al giorno. Sembra quindi che l’esecutivo italiano voglia far rivivere il noto detto del ventennio: l’aratro traccia il solco e la spada lo difende.
Quali sono i motivi di questa improvvisa voglia di armi ed elmetti da guerra? Lo possiamo leggere direttamente nell’ordine del giorno: “L’invasione russa dell’Ucraina sta in effetti dimostrando la necessità ancora più acuta che i Paesi europei destinino più risorse alle loro Difese”.
A questo va aggiunto l’impegno informale che gli Stati della NATO avevano sottoscritto nel 2006 per impegnarsi a destinare il 2% del PIL nella spesa militare, anche se si trattava di un accordo che non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano e che quindi di fatto non può vincolare legalmente l’Italia.
Una scelta politica
Nessuno sta quindi obbligando l’Italia a spendere tutti questi soldi nel settore militare, così come nessuno al contempo obbliga l’Italia a disinvestire risorse dal settore sanitario. Tra il 2023 e il 2024 è infatti prevista una riduzione di 6 miliardi di euro di investimenti nella sanità pubblica, mentre per spesa nel settore dell’istruzione l’Italia rimane ferma al quart’ultimo posto in Europa.
Aumentare le spese nel settore militare e sottrarle ad altri campi è quindi il risultato di una deliberata scelta politica. Incrementare le risorse nel settore della difesa attraverso un semplice ordine del giorno sarebbe accettabile se, e solo se, tale scelta avesse delle ripercussioni positive sulla tutela degli interessi nazionali.
In sostanza i cittadini elettori potrebbero accettare che le loro tasse finanzino la spesa militare solo con la garanzia che questo si traduca in un miglioramento del tenore di vita.
Quali risultati dagli investimenti militari?
Tuttavia è sufficiente gettare uno sguardo sul passato recente per vedere come miliardi di euro pubblici siano stati dilapidati con eccessiva leggerezza senza portare risultati concreti, anzi. Prendiamo i due principali interventi militari a cui ha preso parte l’Italia che più hanno impegnato le risorse del nostro Paese.
In Afghanistan l’Italia ha partecipato all’interno della missione NATO dal 2001 fino all’estate del 2021, vent’anni di guerra. Secondo quanto riportato da MILEX, l’Osservatorio sulle spese militari italiane, il conflitto in Afghanistan è pesato sulle tasche dei contribuenti italiani per un totale di 8,4 miliardi di euro. 53 invece è il bilancio di militari rimasti uccisi in quella guerra.
Quanto hanno fruttato quegli 8 miliardi investiti dai nostri Governi? Nulla, se non la consapevolezza di essere tornati al punto di partenza e di aver scoperto che Osama bin Laden era tenuto nascosto in un altro Paese.
L’altra guerra, quella all’Iraq, sempre secondo MILEX, è costata al contribuente italiano circa 2,6 miliardi di euro e 39 militari deceduti. Risultati? Un Paese distrutto per aver creduto all’esistenza di una minaccia, quella delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, che in realtà non esisteva. Non solo. Quel conflitto ha messo le basi per la nascita dello Stato islamico e quindi nuovo terrorismo e nuova scia di morti. Inoltre l’Iraq è il principale fornitore di petrolio per il nostro Paese e la sua destabilizzazione è tra le cause della continua instabilità dei prezzi legati alla benzina.
Questo senza contare i soldi spesi per interventi a ridosso dei nostri confini, come Kosovo e Libia. In particolare quest’ultimo ha eliminato un partner strategico per l’Italia, creando anche i presupposti per un’ondata di profughi verso il nostro Paese. Negli ultimi anni l’Italia ha quindi buttato fuori dalla finestra miliardi di euro per un settore, quello della difesa, che si è imbarcato in missioni che non solo hanno portato zero risultati, ma hanno danneggiato l’intera comunità.