“Intelligenza artificiale e ricordi del nonno: così ho creato lo scanner per il Parkinson”
Lo studente di Novara, 17 anni, sarà premiato in Senato per il suo progetto di diagnosi precoce: «Lui era un meccanico, aggiustavamo tutto insieme, poi si è ammalato. Sogno di studiare Ingegneria»
Produceva viti, minuterie, barre filettate. Passava il tempo a lavorare. Anche quando era in pensione, stava sempre nel suo garage-officina. E io con lui. Non c’era niente che insieme non potessimo aggiustare».Quando il nonno Sergio Caligari si è ammalato di Parkinson, il nipote Tommaso ha parlato con i suoi dottori. Era molto sofferente, troppo. A quello stadio della malattia non c’era più niente da fare: non si poteva aggiustare. «Un medico mi ha spiegato che ci sono degli indicatori precisi per fare la diagnosi nella fase iniziale, quando ancora la malattia è curabile. In particolare, mi ha spiegato che si può diagnosticare il Parkinson osservando la riduzione di oscillazione degli arti superiori e anche un’asimmetria che non è visibile a occhio nudo, ma c’è. Quella frase mi è rimasta in mente. Dopo un mese ho iniziato a pensare al dispositivo “Parkinson Detector”».
Tommaso Caligari, 17 anni, inventore da Cressa, Novara. Martedì sarà premiato in Senato per il programma che permette la diagnosi precoce del Parkinson. Ha già presentato il suo progetto anche all’Eucys di Bruxelles. Insomma, l’idea era buona.In cosa consiste il Parkinson Detector?«Ho sviluppato un algoritmo. Ci sono due telecamere collegate al computer. L’intelligenza artificiale legge i movimenti di una persona senza bisogno di marcatori, senza bisogno di scanner o di liquido di contrasto. Basta passare davanti alle telecamere in linea retta. L’algoritmo rileva con precisione i movimenti di quella persona. Angolo spalla. Angolo gomito. Lato destro, lato sinistro».A quel punto?«Parte l’elaborazione dei dati. Il confronto che l’intelligenza artificiale riesce a fare con i casi di persone malate e con quelli di persone sane».Come ha verificato i risultati?«Mi ha aiutato mio padre. Con lui siamo andati insieme all’Associazione Parkinson di Arona. Abbiamo chiesto di poter fare il test su undici pazienti. Poi l’ho replicato su persone non malate. L’algoritmo funziona. Il bello di questo sistema è che costa poco. Bastano pochi minuti. Non è invasivo. Può aiutare il medico a fare la diagnosi».Il nonno l’ha mai saputo?«No, alla fine era molto stanco. Quando è stato ricoverato c’era il Covid. Era un problema andarlo a trovare. Facevamo le videochiamate. L’ultima volta che mio padre l’ha visto in ospedale, gli ha raccontato che sarei andato negli Stati Uniti per un’altra invenzione. Il nonno ha commentato: Orpo!».Quanto ci hai messo a mettere a punto l’invenzione sul Parkinson?«Un anno. Ho lavorato tutta l’estate».Niente vacanze?«Ero già andato in America, quell’anno lì. Ero già stato a Genova per un concorso. Ero già stato a Milano. E poi io mi diverto di più a casa mia, nel mio laboratorio in mansarda. Mi sono dedicato allo sviluppo del sistema».
Condividi le idee?«Con mio padre. Mi piace parlarne con lui, sentire cosa ne pensa. Alle volte facciamo delle litigate amichevoli».Breve campionario delle invenzioni?«La prima: un mini go kart ricavato da un passeggino. Poi delle torce con dei tappi di CocaCola. Alle elementari ho riprodotto il sistema solare partendo da una lampadina a led».Quando sono diventate esperimenti scientifici?«Quando mi sono iscritto all’Omar di Novara. È un istituto tecnico industriale. Il primo anno ho costruito una foglia artificiale che converte l’anidride carbonica in metanolo. Poi ho fatto il progetto «ContromaNO», per rilevare i veicoli in contromano in autostrada e inviare l’allarme».Cosa pensi dell’intelligenza artificiale?«A parere mio, è una cosa meravigliosa. Ci aiuterà tantissimo. Ma va gestita nel modo corretto, come qualsiasi cosa. Come le armi. Come le bombe».Stai già lavorando a un’idea nuova?«Sì, mi piace moltissimo, riguarda sempre l’intelligenza artificiale nell’ambito della ricerca medica. Ma non posso ancora raccontarla. Devo presentarla entro il 2 febbraio».Scuola e compiti, mansarda laboratorio, garage officina: quando stacchi?«È una passione. Mi diverto tantissimo. Soprattutto in estate: quando posso lavorare in giardino, dove ho costruito l’impianto fotovoltaico».
Piani scolastici?«Il mio sogno è fare Ingegneria elettronica. Sto studiando i test di ingresso. Sono in dubbio fra il Politecnico di Torino e quello di Milano, ma la vita a Milano costa troppo».E la vita sociale?«A scuola ho trovato altri come me. Anche qui a Cressa dove abito, 1.500 abitanti, ho un amico del cuore. Insieme ci divertiamo a costruire la qualunque».
Tipo?«Pozzi. Ponti. Abbiamo le api nel bosco. Gestiamo qualche arnia. Ho inventato un sistema di monitoraggio a distanza. Prima con una Sim, ma costava troppo. Adesso con un’antenna piazzata sul tetto di casa. Così riceviamo i dati: peso, umidità, temperatura dell’aria».Fate il miele?«Quest’anno non è stata la stagione migliore. Ma l’anno scorso cinquanta barattoli d’acacia e cinquanta di castagno li abbiamo regalati».
Quanto pensi al futuro?«Ogni tanto. Ma non ho ancora un’idea precisa. Forse mi piacerebbe aprire un’azienda dove progettare le mie idee, altre volte invece mi vedo come un dipendente».Secondo te, cos’è il talento?«Domanda molto difficile. Non so se so rispondere. So che il talento ha a che vedere con la passione, con la voglia di scoprire cose nuove e di mettersi in gioco. Io ho tantissima ansia quando faccio i concorsi, ma ci vado. In quei momenti penso di avere un po’ di talento. Perché la voglia batte la paura».