Il Padiglione della Russia alla Biennale di Venezia non si farà
Il curatore si dimette e gli artisti appoggiano la scelta: il Padiglione della Russia alla Biennale d’Arte di Venezia rimarrà chiuso in segno di protesta contro la guerra in Ucraina
Nei giorni scorsi riportavamo la testimonianza di Pavlo Makov e di Lizaveta German, Maira Lanko e Borys Filonenko, rispettivamente artista e curatori del Padiglione Ucraina, la cui partecipazione alla 59ma Esposizione d’arte della Biennale di Venezia, causa degli attuali eventi bellici, è ancora incerta. E nelle ultime ore è arrivata anche la reazione del team del Padiglione della Russia: Kirill Savchenkov, Alexandra Sukhareva e il curatore Raimundas Malašauskas hanno annunciato che non porteranno avanti il loro progetto. «Il Padiglione Russo è una casa per gli artisti, per l’arte e per i creativi», si legge in un post diffuso sulle pagine dei social network del Padiglione. «Abbiamo lavorato a stretto contatto con gli artisti e il curatore sin dal primo giorno su questo progetto e abbiamo rispettato le loro decisioni indipendenti, che sosteniamo. Kirill Savchenkov, Alexandra Sukhareva e Raimundas Malašauskas hanno appena annunciato che non faranno parte del progetto del Padiglione Russo alla 59ma Biennale di Venezia e di conseguenza il Padiglione Russo rimarrà chiuso», conclude il post.
Sempre sui canali social è arrivato anche il comunicato di Raimundas Malašauskas, originario della Lituania e attualmente a Bruxelles. «Ho presentato le mie dimissioni da curatore del Padiglione Russia. Sono grato e ammiro gli artisti russi Kirill Savchenkov e Alexandra Sukhareva, con i quali ho lavorato per portare avanti il progetto per la Biennale. Nonostante questo, non posso portare avanti il lavoro, alla luce dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito della Russia. Questa guerra è insostenibile sia politicamente che emotivamente», continua il curatore e scrittore, che poi specifica i motivi della sua scelta: «Sono nato e mi sono formato in Lituania durante l’Unione Sovietica e ho vissuto la sua dissoluzione nel 1989 e ho testimoniato e ho partecipato allo sviluppo del mio Paese sin da allora. L’idea di ritornare a vivere sotto la Russia o qualsiasi altro impero è semplicemente intollerabile».
Le reazioni corrono via social anche per l’artista Kirill Savchenkov, nato 1987 a Mosca. «Non c’è nulla da dire, non c’è posto per l’arte quando i civili muoiono sotto le bombe, quando la popolazione ucraina si nasconde nei rifugi, quando i dissenzienti russi sono ridotti al silenzio. Come russo non presenterò il mio lavoro al Padiglione della Russia alla Biennale di Venezia».
Una scelta radicale, insomma ma comunque non facile: se la Biennale è la “casa” dell’arte, è giusto lasciare il campo? Per esempio, in segno di protesta contro la filantropia tossica del MoMA di New York, Michael Rakowitz decise di mettere in pausa una sua opera video esposta in una mostra. «Non è l’artista che deve andare via. È il rapporto disfunzionale con questa forma di filantropia tossica a essere abusivo», spiegava l’artista iracheno. In quel caso, premendo pausa, Rakowitz compì un gesto forte di protesta ma, di certo, anche le porte del Padiglione Russo chiuse durante i giorni della Biennale saranno molto eloquenti.