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I 10 migliori film d’esordio di registe donne

Giocarsi il posto su una sedia da regista in una prima, ambiziosa, opportunità. Scopriamo 10 folgoranti film d’esordio diretti da alcune registe donne che si sono distinte per il loro talento.

Stimolando l’interesse verso inedite cineaste e dando l’opportunità a nuove voci femminili di emergere in un settore da sempre tenuto in mano da mani (e sguardi) maschili, i debutti cinematografici di registe donne sono lo spartiacque fra un prima, fatto di ambizioni e sogni, e un dopo, fatto di meritati riconoscimenti e di lunghe carriere (da lì in poi) celebrate. Il primo lungometraggio dietro la macchina da presa è la sublimazione di un personale gusto estetico: la presentazione del proprio, unico, punto di vista sul mondo, spesso ispirato da esperienze vissute o da storie la cui urgenza espressiva sobbolliva da tempo nella mente di chi le ha poi finalmente raccontate. Abbiamo dunque compilato una lista dei migliori 10 film d’esordio di registe donne, provando ad includere quanto possibile vecchie e nuove generazioni ed esplorando i generi più diversi quali l’horror e il racconto di formazione; stilando così, in ordine cronologico, un elenco su alcune fra le firme più apprezzate del cinema femminile per proporre al lettore, e dunque anche spettatore, alcuni titoli irrinunciabili da recuperare.

Dalla nouvelle vague di Agnès Varda al coming-of-age di Greta Gerwig: i migliori (e più importanti) film d’esordio diretti da registe donne.

1. La Pointe Courte (Agnès Varda, 1954)

film esordio registe

Uscito sette anni prima il suo secondo fenomenale lungometraggio Cléo from 5 to 7 (1961), l’esordio di una delle registe più influenti della storia del cinema Agnès Varda è considerato dagli esperti come il precursore del movimento cinematografico francese Nouvelle Vague. Ambientato in un piccolo villaggio di pescatori nel sud della Francia, la pellicola segue alcuni personaggi del luogo, in particolare la coppia di coniugi Silvia Monfort e Philippe Noiret che stanno per porre fine alla loro relazione. Perfettamente in linea con altri film del medesimo stile francese, ne La Pointe Courte le inquadrature si fanno ampie e con pochi tagli di montaggio, la maggior parte di esse interessante ad osservare in silenzio i protagonisti fra lunghe passeggiate e gesti monotoni, come riverbero filosofico di temi cari alla regista quali la crisi esistenziale, l’amore, il senso della vita e l’inevitabilità.

2. Sweetie (Jane Campion, 1989) è tra migliori film d’esordio di registe donne

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Presentato in concorso al Festival di Cannes dove suscitò alcune polemiche riguardo i suoi contenuti piuttosto esplicitiSweetie è il ritratto di una famiglia disfunzionale filtrato attraverso lo sguardo della sua adolescente protagonista, viziata dal padre al punto di non riconoscere la sua evidente instabilità mentale, e messa a confronto con Kay, la sorella, ossessionata da superstizioni e ansie patologiche che la portano a ritirarsi nell’avversione all’intimità. Dall’estetica sobria ed emotivamente gelida, l’esordio della neozelandese è uno fra gli esempi più notevoli del cinema autoriale indipendente, avviando quella narrativa femminile anti-romantica che anticiperà poi alcuni formidabili primi lavori della Campion, come Un angelo alla mia tavola (1990) e Lezioni di Piano (1993).

3. Ratcatcher (Lynne Ramsay, 1999)

In una Glasgow degli anni ’70 dove i netturbini sono in sciopero e la spazzatura accumulata moltiplica sporcizia e topi, il dodicenne James se ne va spesso in giro con gli amici a giocare vicino al canale. Un giorno però uno di loro muore dopo uno scherzo finito male, per il quale l’adolescente, figlio di una madre amorevole e di un padre alcolizzato, porterà addosso a lungo un gran senso di colpa. Partendo dalla tradizione del cinema sociale inglese e aggiungendo una forte componente di lirismo e di emotività, in Ratcatcher la regista di We Need to Talk About Kevin prende le misure del suo cinema malinconico e realisticamente spiazzante, mostrando una fiducia e un approccio a-morale fuori dalla norma.

4. The Virgin Suicides (Sofia Coppola, 1999) è tra migliori film d’esordio di registe donne

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Dopo un timido tentativo intrapreso nella recitazione e i due cortometraggi, Bed, Bath and Beyond (1996) e Lick the Star (1998), la nepo baby figlia di Francis inaugura il suo esordio dietro la macchina da presa con una storia di formazione con protagoniste cinque sorelle tenute sotto stretta sorveglianza dai loro genitori ipercattolici, che le isolano in quartiere della periferia di Detroit carcerando la loro adolescenza fra barriere culturali e credi religiosi. Raccontato tramite le esperienze di tre ragazzi affascinati dalle cinque Lisbon, il film che adatta il romanzo di Jeffrey Eugenides indaga i loro sforzi per ribellarsi e sopravvivere all’oppressione imposta, percorrendo la classica narrazione guidata dalle donne attraverso l’aiuto o lo sguardo degli uomini, come sarà poi nel resto del cinema della regista.

5. La Cienega (Lucrecia Martel, 2001)

La cineasta argentina interessata da sempre a ritratti di donne, classi e dinamiche umane conflittuali, con il suo primo folgorante film La Cienega usa come pretesto un’ondata di caldo insopportabile per indagare le dinamiche interpersonali di una famiglia borghese argentina che si autocommisera. Narcisisti ed egocentrici, i personaggi analizzati dalla Martel danno vita a un quadro eloquente sull’indifferenza dei genitori, sulle derive familiari e sul concetto di servitù. Tensione passivo-aggressiva, attrito e disagio che emergono in superfice da uno sguardo fondamentalmente voyeuristico, che sceglie programmaticamente di mettere in pausa l’azione per capire in profondità le decadenze sociali e morali del nostro tempo.

6. Thirteen (Catherine Hardwicke, 2009) è tra migliori film d’esordio di registe donne

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Molto prima di Skins e di Euphoria, il coming-of-age contemporaneo, esplicito e unapologetically, si concentra alle origini nel teen-drama Thriteen, diretto dalla film-maker indipendente, sceneggiatrice e produttrice Catherine Hardwicke. Il dramma del 2003 è la storia dell’adolescente senza grilli per la testa Tracy (Evan Rachel Wood), presa di mira dai coetanei per la sua banale apparenza, che decide improvvisamente di abbandonare la sua cerchia nerd per farsi accettare dal gruppo più popolare. Gradualmente, incitata e persuasa dalla ribelle e sessualmente provocatoria nuova amica Evie (Nikki Rerd), Tracy compirà atti di ribellione sempre più estremi che creeranno un insanabile attrito con la madre Melanie (Holly Hunter). Il film valse la nomination agli Oscar a Holly Hunter come miglior attrice non protagonista, e diede l’opportunità dalla regista di dirigere Twilight nel 2008.

7. Corpo celeste (Alice Rohrwacher, 2011)

Prima collaborazione con l’acclamata direttrice della fotografia Hélène Louvart, Corpo Celeste introduce come fosse un documentario alcuni dei temi centrali del successivo cinema di Alice Rohrwacher: l’identità, la fede e la moralità. Questioni filosofiche che la regista di Fiesole espone attraverso i preparativi di una cresima, quella della protagonista Marta, di ritorno in una piccola cittadina di Reggio Calabria dopo una lunga trasferta in Svizzera con la famiglia. Spaesata da questo nuovo ambiente che non riconosce come suo, la tredicenne verrà esposta sua malgrado ai rituali della chiesa locale, percorrendo un itinerario spirituale a stretto contatto col prete della parrocchia don Mario. Il film ha ottenuto due Ciak d’Oro, un Nastro d’Argento al miglior esordio e un David di Donatello al miglior regista esordiente.

8. A Girl Walks Home Alone at Night (Ana Lily Amirpour, 2014) è tra migliori film d’esordio di registe donne

Coraggioso debutto della regista iraniano-americana Ana Lily Amirpour, questo “western sui vampiri iraniani” racconta la storia di una vampira solitaria vestita in chador che cerca vendetta in una città fantasma dell’Iran. Attraverso la sua schematica bidimensionalità nei toni del bianco e nero e grazie alla sua eclettica colonna sonora, il film girato in California e interamente in lingua persiana, fa riferimento nella messinscena all’espressionismo tedesco e ai romanzi grafici, agli spaghetti western e allo stile di Jim Jarmusch, per un risultato originale dalle disturbanti atmosfere horror.

9. Raw (Julia Ducournau, 2016)

Presentato nella sezione Settimana internazionale della critica al Festival di Cannes del 2016, dove ha vinto il premio FIPRESCI, il truculento e audace esordio alla regia della francese Julia Ducournau è un body horror che esplora abilmente i temi dell’emancipazione femminile, dell’immagine corporea e del risveglio sessuale. Justine, vegetariana dalla nascita come tutta la sua famiglia, viene ammessa nella scuola di veterinaria della sorella maggiore e dopo essere stata costretta ad assaggiare la carne per la prima volta, inizia a sviluppare una pericolosa ossessione (e astinenza) per carne umana. Protagonista l’attrice Garance Marillier, la stessa che tornerà poi anche nella Palma d’Oro del 2021 Titane.

10. Lady Bird (Greta Gerwig, 2017)

Basato sulle esperienze della stessa, qui prima volta regista, Greta Gerwig, cresciuta a Sacramento nei primi anni 2000, Lady Bird racconta dell’ultimo anno di liceo di una studentessa di una scuola cattolica fra insicurezze e ambizioni, approcci sentimentali deludenti e alcuni inevitabili conflitti materni. Candidato a cinque premi Oscar, tra cui quello per il miglior regista, questo fresco e moderno coming-of-age di nuova generazione con Saoirse Ronan, Thimothée Chalamet e Laurie Metcalf mescola autobiografia e finzione con un forte sguardo empatico e riconoscibile, segnando meritatamente nel suo anno di uscita un enorme successo commerciale e di critica.