Giorgia Soleri operata di endometriosi mostra le cicatrici: “Mi dicevano che ero drammatica”
In occasione della Giornata mondiale dell’endometriosi, Giorgia Soleri ha ricordato il suo difficile percorso verso la diagnosi, proseguita con un intervento che le ha cambiato la vita, riducendo quei dolori lancinanti che per anni anche i medici avevano sottovalutato: “Snocciolavo i miei sintomi uno dopo l’altro per sentirmi dire, in continuazione, che ero in perfetta salute. Mi sono sentita dire che ero esagerata, drammatica, ipocondriaca, con la soglia del dolore bassa”.
A volte sottovalutiamo alcuni segnali che il nostro corpo ci manda. Pensiamo ai dolori mestruali, che per alcune donne diventano qualcosa di invalidante, una vera e propria sofferenza, con ripercussioni nella vita di tutti i giorni. Eppure per molto tempo è stato detto loro che era normale, che doveva essere così e basta. E invece no: “Siamo nel 2020, non dobbiamo più pensare che sia normale sopportare i dolori. Se abbiamo un dubbio facciamoci visitare subito” è il consiglio di chi da tempo si occupa di endometriosi. Di questa patologia si è cominciato a parlare in modo serio solo di recente, grazie a chi ha raccontato in prima persona la propria esperienza: storie fatte di visite continue, di domande senza risposta, di giornate intere trascorse a letto, di sintomi sottovalutati dai medici stessi. Il problema di questa patologia è che, come la vulvodinia, è difficile da diagnosticare: possono passare anche 6-8 anni. Un vero e proprio calvario per le dirette interessate, al cui sconforto si sommano anche sensi di colpa e vergogna. Una delle prime a raccontare la propria storia, sollevando il velo su tanti ‘non detti’, è stata Giorgia Soleri.
Giorgia Soleri si racconta
Giorgia Soleri convive da tempo con una serie di sintomi invalidanti e dolori lancinanti. Visita dopo visita, solo due anni fa è giunta alla diagnosi di vulvodinia. La sua storia è stata raccontata in prima persona sui social, affinché potesse essere d’aiuto a donne nella stessa situazione. In Italia sono tantissime quelle alla ricerca di una risposta alle loro tante domande, risposte che a volte tardano ad arrivare a causa dei tempi lunghi imposti dal Sistema Sanitario Nazionale. E le visite private costano, non tutte possono permettersele. Ma l’accesso alla diagnosi è un passo fondamentale affinché si possa procedere con le giuste cure, perché convivere con queste problematiche è possibile, si può migliorare la qualità della vita. La modella lo sa benissimo: stanca di quella che era diventata una ‘non vita’ aveva anche avuto pensieri estremi.
La storia di Giorgia Soleri in una canzone
La canzone Coraline dei Maneskin è dedicata proprio a Giorgia Soleri, fidanzata con Damiano, il frontman della band. Lui nel brano parla di una donna che non viene creduta, ma che vuole urlare la sua verità. E questa verità è quella che la modella ha trovato la forza di raccontare anche sui social, esponendosi molto, ma a fin di bene. Per buona parte della sua vita la ragazza non è stata creduta, circa i suoi dolori lancinanti. Ieri, in occasione della Giornata mondiale dell’endometriosi, ha ricordato proprio questo: “Silenziosa, nel mio caso, non è stata mai. Urlava come avrei voluto urlare io dopo le decine e decine di visite fatte snocciolando i miei sintomi uno dopo l’altro per sentirmi dire, in continuazione, che ero in perfetta salute“. Ci è voluto tempo affinché qualcuno le credesse: “Mi sono sentita dire che ero esagerata, drammatica, ipocondriaca, con la soglia del dolore bassa. Invece a stare in silenzio son stata io, per 11 lunghi anni, accompagnata da un senso di inadeguatezza che mi nauseava quasi quanto quel dolore“.
La diagnosi le ha cambiato la vita. “Un anno fa, il 21 marzo, ricevevo la mia diagnosi di endometriosi e adenomiosi. 5 mesi dopo, il 20 agosto, finivo sotto i ferri sperando di poter finalmente iniziare una vita lontana dal dolore. Sono stata fortunata (non sempre è così), l’intervento ha ampiamente diminuito la sintomatologia dolorosa legata all’endometriosi“.
Oltre all’importanza di fare prevenzione, di affidarsi alle persone giuste per una diagnosi tempestiva, il messaggio forte della 26enne è quello di non sottovalutare i segnali del proprio corpo, di non arrendersi: “Non possiamo cambiare il passato, ma forse possiamo provare a costruire un futuro diverso per chi, ancora oggi, si danna in un dolore senza nome e senza legittimazione“.