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Gas, la nuova mossa del governo per unire l’Italia

L’Italia non potrà mai essere hub del gas nel Mediterraneo senza un presupposto chiaro: la solidità del mercato interno. Le reti di interconnessione gasiera nel Paese sono efficaci al Nord sull’asse orientale del Paese, ove ci sono i punti d’accesso di Tarvisio e, a Sud, di Melendungo, meno sulla direttrice Nord-Sud. Per ovviare a questo problema il governo Meloni sta spingendo sull’acceleratore per far convergere fondi del Pnrr sull’interconnessione della cosiddetta Linea Adriatica, la “Tav” del gas che creando il ponte Abruzzo-Umbria può completare in ogni direzione la rete nazionale. Rompendo la divisione del Paese sia sull’asse Nord-Sud che su quello, spesso trascurato, Est-Ovest.

170 km di rete gas dovrebbero connettere Sulmona, in Abruzzo, a Foligno, in provincia di Perugia, sulla base di un progetto di Snam che riprende un piano risalente al 2004 e ora decisivo. Il ragionamento è che se il Paese avrà una serie completa di punti di accesso per l’oro blu importarto, è necessario non solo che le rotte del gas da fuori l’Italia siano solide, ma che funzioni in maniera efficace anche il sistema di trasporto interno al Paese. Presupposto – questo il nesso con il ruolo dell’Italia hub del gas – per ridurre i costi di trasporto e far sì che Roma possa stoccare e commerciare nel resto del Vecchio Continente il gas proveniente dai mercati esteri.

L’arteria del gas finale, nota Il Messaggero, “da Massafra, vicino Taranto, dovrebbe far risalire la dorsale adriatica per oltre 690 kilometri attraversando dieci Regioni fino a Minerbio, dalle parti di Bologna”. Raggiungendo il Nord Italia e il suo sistema interconnesso ed efficace di condutture. Trasformando l’interconnettore umbro-abruzzese in un’opera dal valore strategico non solo italiano, ma anche europeo. Così come le grandi infrastrutture autostradali e ferroviarie abbattono le barriere all’entrata, i costi di trasporto di merci e persone e i tempi di percorrenza dei commerci sulla scia dei corridoi Ten-T, anche le grandi reti energetiche permettono di creare virtuose economie di scala sull’energia. E l’Italia prevede una diversificazione delle importazioni per sopperire alla fine della predominanza del gas russo rivolta al bacino del Mediterraneo che può e deve rivolgersi nella creazione di un hub di distribuzione per l’Europa abbattendo i costi nel mercato interno. E facendo così arrivare nelle condutture il gas proveniente da Libia, Algeria, Azerbaijan ma anche quello dei rigassificatori attuali o in via di costruzione con una riduzione graduale dei costi.

L’opera Sulmona-Foligno permette di aprire una delle poche strozzature rimaste e di superare il valico appenninico sulla faglia Est-Ovest, interconnettendo il Paese. Da qui a fine marzo il governo Meloni, nota il quotidiano romano, punta a inserire la Linea Adriatica nei piani da presentare all’Ue come progetti d’interesse comunitario da finanziare con RePower Eu e altri fondi strutturali. “na volta che l’Europa avrà approvato le modifiche del Pnrr, con tanto di inserimento anche del capitolo Dorsale Adriatica, si passerà al taglio delle procedure autorizzative e alla nomina di un commissario. Va detto che al momento la via del commissario modello Genova è considerata quella più efficace per ridurre al massimo i rischi di blocchi autorizzativi e stop dai territori. Già, perché, è cruciale un dialogo con il territorio che eviti i veti maturati negli anni”, prosegue Il Messaggero.

I 2,5-3 miliardi di euro destinati da RePower Eu all’Italia possono unirsi alla tanto discussa proposta di modifica del Pnrr del governo Meloni che, se conterrà un’opera tanto strategica, non potrà non dirsi pragmatica e, osiamo dire in questa sede, europeista: un’Italia robusta e resiliente nel suo sistema-gas si costruirà non solo grazie ai rigassificatori, a opere come EastMed o al raddoppio del Tap, ma anche e soprattutto con l’unità del mercato interno. Funzionale a un abbattimento dei costi in tutta Europa per il mercato dell’oro blu. Difficile dire che queste modifiche al Pnrr, con l’inserimento dell’interconnettore adriatico-appenninico, non siano giustificabili in nome del contesto mutato dalla guerra in Ucraina.