Fabbri rivela a Omnibus il gioco dello Yemen: “Cosa c’è dietro gli attacchi Houthi”
Non c’è pace in Medio Oriente. Oltre al conflitto che vede contrapposti Israele e Hamas, infatti, le forze d’aviazione militare britannica e americana hanno bombardato parte dello Yemen, regione a sud dell’Arabia Saudita, controllata dai cosiddetti ribelli degli Houthi. Secondo il parere dell’esperto di geopolitica Dario Fabbri, durante la puntata di Omnibus su La7, è piuttosto chiaro il fattore scatenante della rappresaglia anglofona. Che senso ha? “Il tentativo non è quello di provocare un’escalation ma di scongiurare altri attacchi da parte degli Houthi. Il punto è: servirà? Probabilmente no. Ma il segnale è stato lanciato”. Ora resta da capire chi sono questi Houthi, noti anche come “Partigiani di Allah”, e cosa hanno fatto per essere attaccati dagli aerei americani e britannici.Si tratta di un gruppo armato arabo sorto nello Yemen tra gli anni Novanta e Duemila, che pian piano è riuscito a conquistare il controllo di gran parte del Paese. E da tempo ormai appartengono al cosiddetto “asse della resistenza” all’alleanza degli Stati Uniti con Israele, appoggiato anche dall’Iran e da Hezbollah. Per Fabbri “sono una fazione affiliata all’Iran che controlla ciò che gli resta dello Yemen e che conosce molto bene qual è il telaio della globalizzazione americana”.
Il direttore della rivista Domino, interpellato dalla conduttrice della trasmissione Alessandra Sardoni, ha fatto luce sull’origine dei raid: “Attaccare le navi, che siano petroliere o commerciali, che passano nel Mar Rosso e nello stretto di Bab el-Mandeb, una delle giugulari più rilevanti del pianeta, significa attaccare tecnicamente la globalizzazione americana”. Ergo, gli americani, con l’ausilio degli inglesi, si sono sentiti minacciati e hanno optato per un intervento tempestivo nell’ottica di un’estinzione del pericolo, e di conseguenza “hanno deciso ormai da molti giorni di sconsigliare agli Houti di proseguire i propri attacchi nel Mar Rosso contro navi commerciali che transitano da quelle parti”.
L’analista esperto di guerre in Medio Oriente sentenzia: “Sono attacchi per ripristinare la deterrenza”. Questo perché con globalizzazione americana si intende “l’egemonia sui mari e sugli oceani, sugli stretti e i colli di bottiglia che poi garantiscono l’unico mercato globale a cui siamo abituati ormai dagli anni Novanta”, strategico per l’economia statunitense. Insomma, il campanello d’allarme è stato suonato. Il grosso punto di domanda è se l’avvisaglia sia stata o meno recepita.