Dubbi su embargo dell’energia e missili. Nel mirino dei Verdi, Scholz ora traballa
Il cancelliere difende Steinmeier, ospite “sgradito” in Ucraina. Ma sulle forniture militari è in difficoltà così come sul blocco del gas russo.
Berlino. La popolarità, quella, c’è ancora tutta. Il cancelliere Olaf Scholz resta un politico largamente apprezzato nel Paese eccezion fatta per i simpatizzanti del partito sovranista AfD, contrari a ogni proposta che non sia la loro. Secondo una rilevazione del 14 aprile di Ard-Deutschlandtrend, il 55% degli elettori sostiene la politica del governo Scholz di inviare armi all’Ucraina invasa dalla Russia; i contrari sono invece il 37. Meno compatti i tedeschi sono invece sull’altra grande questione sorta dall’invasione russa dell’Ucraina: l’energia; 48 elettori su 100 sono contrari a un embargo sul gas e sul petrolio venduti da Mosca alla Germania mentre il 40% dei tedeschi si dice a favore. Le due questioni continuano ad animare il dibattito politico e nel giro di pochi giorni il governo di Scholz, un’alleanza fra rossi (socialdemocratici), gialli (Liberali) e verdi (ecologisti) ha mostrato alcune crepe.
Partito in quarta con le consegne di armi all’Ucraina, l’esecutivo semaforo è arrivato davanti a un’impasse: «Per le consegne provenienti dagli stock della Bundeswehr, devo dire onestamente che abbiamo raggiunto un limite», ha ammesso la settimana scorsa la ministra della Difesa Christine Lambrecht della Spd. L’ex capogruppo dei Verdi Anton Hofreiter ha reagito accusando il cancelliere di scarsa leadership sia sulle armi, «e a Kiev servono quelle pesanti», sia sulla questione energetica. «Penso che possiamo permetterci un embargo energetico totale – ha dichiarato l’esponente dei Grünen a Ntv – Tuttavia, le centrali a carbone dovrebbero essere gestite più a lungo e in modo più intenso». Toni curiosamente poco ecologisti: la stessa Commissione europea nel rivedere la tassonomia energetica del continente ha segnalato come il gas e il nucleare siano da preferire al carbone quanto a emissioni di CO2. E la Germania, a differenza dell’Italia, ha tre centrali nucleari ancora attive la cui chiusura è prevista per la fine dell’anno. Hofreiter sembra mettere le mani avanti: sì all’embargo e sì a più carbone, ma no a prolungare la vita dell’atomo. Scholz sembra molto esposto alle critiche dei Verdi: se non cede nuove armi all’Ucraina verrà accusato di essere indifferente al dramma del Paese amico, se invece lo farà sarà accusato di mettere a repentaglio la sicurezza della Germania. Una soluzione potrebbe venire dalla consegna di 50 blindati Leopard 1 dismessi dalla Bundeswher e oggi nelle mani della Rheinmetall ma il produttore di armi ha fatto sapere che i blindati non potranno tornare in circolazione prima della fine di maggio, però gli ucraini non possono aspettare.
Scholz poi non crede all’embargo totale: dei tre rigassificatori da lui ordinati a inizio conflitto forse solo uno, quello di Wilhelmshaven sul Mare del Nord, sarà operativo entro la fine del 2022: troppo poco per sostituire i quasi 40 miliardi di metri cubi di gas comprati da Mosca. Restare quasi senza gas vorrebbe poi dire chiudere le industrie case, scuole e ospedali sono garantiti – Hofreiter lo sa: «Ciò porterebbe anche a problemi nell’industria, da compensare con un’indennità di lavoro ridotto». Una prospettiva che non piace a un leader socialdemocratico come Scholz. Il cancelliere non può neppure consolarsi con la politica estera, ma ha dovuto difendere il presidente federale Frank-Walter Steinmeier che gli ucraini non hanno voluto in visita di solidarietà a Kiev per il suo passato troppo filo-russo. E se con in Verdi litiga su armi ed energia, al Bundestag il cancelliere è stato tradito invece dagli alleati Liberali che hanno bocciato il suo progetto di introdurre un obbligo vaccinale contro il coronavirus per legge.
Ogni sconfitta per Scholz è un punto a favore del leader della Cdu Friedrich Merz che resta alla finestra: non a caso secondo l’ultimo sondaggio il suo partito è primo al 26% e la Spd di Scholz seconda al 24%.