CHIUDE LA CARTIERA FABRIANO, UN ALTRO PEZZO D’ITALIA SCHIACCIATO DALL’ INNOVAZIONE
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C’è una carta speciale, quella dei fogli Fabriano, che ha accompagnato una parte della vita di quelli come me cresciuti tra gli anni ’80 e i ’90 che ancora oggi ricordo con malinconia e dolcezza. Era lì, nei pomeriggi silenziosi della nostra infanzia, quando scarabocchiavamo mondi immaginari e lasciavamo che i colori raccontassero le nostre storie. Quei fogli immacolati non erano solo carta, ma un invito a creare, a dare forma ai sogni che nascevano nella nostra mente.E ora, sapere che la storica cartiera, che è la storia del prodotto e del Paese, chiuderà, lascia un vuoto. Dopo circa 50 anni è stata spenta infatti la F3, la macchina continua che dal 1976 a Fabriano produceva giorno e notte la carta per stampanti e ufficio, una delle carte più conosciute in Italia: il celebre Copy 2. È come se un pezzo del passato scivolasse via, portandosi dietro quei momenti di innocente creatività, di mani pasticciate con le matite e del rumore delicato del carboncino che scivola sulla superficie bianca. Quei fogli non erano solo un marchio: erano una tela immacolata pronta ad accogliere il caos delle idee e a trasformarlo in qualcosa di unico.Ripenso a quei pomeriggi in cui non c’erano schermi a distrarmi, ma solo un tavolo, la luce calda di una finestra e un desiderio semplice e profondo: disegnare. Quelle ore sembravano eterne eppure così piene di vita, di promesse. E ora mi chiedo quanti altri come me abbiano trovato in quei semplici fogli il complice perfetto per esprimersi.Il messaggio che molti dei dipendenti hanno voluto condividere sui social è stato chiaro: “Fabriano non produce più carta per fotocopie. Si è chiuso l’ennesimo capitolo drammatico di un’eccellenza italiana“. La macchina F3, che ha dato lavoro a centinaia di famiglie, non solo a Fabriano, ma in tutta Italia, è stata il cuore pulsante di una produzione che ha segnato la storia del paese.La produzione della carta, che a Fabriano affonda le radici nel 1264, non rappresentava solo un’economia locale, ma una tradizione secolare che ha definito il rapporto degli italiani con l’arte, l’educazione e la creatività. Non è solo una chiusura industriale, è un pezzo di storia e di arte italiana che cambia forma. È difficile non lasciarsi toccare dalla malinconia, ma forse ciò che Fabriano ci ha insegnato è che ogni foglio può essere un nuovo inizio. Anche ora, mentre il tempo ci fa ripensare a quella parte di noi che creava, resta viva la possibilità di tracciare nuovi disegni.La linea produttiva chiusa a Fabriano però è l’ennesimo esempio di un’Italia che rischia di scivolare in una nostalgica impotenza, schiacciata dalla modernità senza aver trovato il modo di cavalcarla. Resta la speranza che ciò che rappresentato continui a vivere in qualche forma, per ispirare nuove generazioni a valorizzare il legame tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro.(Nonostante la chiusura dello stabilimento, i 174 lavoratori coinvolti non saranno immediatamente licenziati. Un accordo tra il Gruppo Fedrigoni che possiede il brand Fabriano, le istituzioni locali e i sindacati ha sospeso la procedura di licenziamento collettivo, permettendo ai dipendenti di accedere a un anno di cassa integrazione straordinaria. L’azienda ha promesso di cercare soluzioni alternative, con ricollocamenti in altre aree del Gruppo, tra cui il business sicurezza (passaporti) e la produzione di carte artistiche. “Abbiamo garantito opportunità di ricollocamento per tutti i lavoratori coinvolti”, ha affermato il sindaco di Fabriano, Ghergo).