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Angela Celentano si trova in Turchia? Una donna rivela: «Ho incontrato il suo finto papà»

Quel 10 agosto 1996 Angela Celentano aveva 3 anni e con suo padre Catello, sua madre Maria e le sue sorelle Rossana e Naomi, partecipava a una gita organizzata dalla Comunità frequentata dai suoi genitori sul Monte Faito. Da un momento all’altro la piccola svanisce nel nulla. Dopo 26 anni di finte piste, Dna e segnalazioni senza risultato, ora c’è un nuovo colpo di scena.

Secondo quanto scrive il Corriere della Sera la giudice delle indagini preliminari di Napoli, Federica Colucci, si è rifiutata di chiudere l’ultimo filone d’inchiesta ancora aperto per il quale la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Erano scampoli di un’indagine sulla cosiddetta «pista turca» avviata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea nel 2009 a seguito dell’iniziativa privata di una signora che si chiama Vincenza Trentinella

La signora Vincenza ha sempre detto di aver raccolto le confidenze di un prelato (don Augusto) che a sua volta le aveva raccolte da una donna nel confessionale. «Mi disse: non posso tenermi questo peso sulla coscienza. E così dopo la sua morte decisi di andare in Turchia a verificare il suo racconto. Aveva detto la verità», giura Vincenza. E cioè : Angela sarebbe stata rapita e vivrebbe «su un piccolissimo isolotto turco che si chiama Buyukada, con un uomo che crede sia suo padre, che io ho incontrato in uno studio veterinario e che ha una cicatrice sul collo». Tutto questo messo a verbale, assieme alla fotografia della presunta Angela e a molto altro.

La giudice Colucci decide di non archiviare il caso. «È vero» scrive in sostanza la gip, «che Trentinella non ha titolo per opporsi all’archiviazione, ma posso farlo io». E così fa: perché, spiega, «permangono elementi di dubbio» e «in sede di rogatoria emerge una discrasia che resta priva di logica spiegazione». Insomma: ci sono cose che non tornano. Quindi: che il pubblico ministero indaghi altri sei mesi e sciolga i nodi. I «dubbi» e la «discrasia priva di logica spiegazione» riguardano sopratutto l’uomo sospettato di essere il finto padre di Angela.

Fra le tante indicazioni date, Vincenza Trentinella aveva fatto anche il suo nome, Fahfi Bey, e aveva dato agli inquirenti un numero di telefono che proprio Fafhi Bey le aveva scritto a mano su un biglietto da visita. Lei lo aveva scovato in uno studio veterinario dove si era presentata fingendosi una turista che voleva portare a casa un gattino dell’isola. Quindi: Fahfi Bey le scrive il numero di telefono sul bigliettino e quando la magistratura italiana chiede ai colleghi turchi di interrogarlo, e manda i suoi investigatori per la rogatoria, succede che viene interrogato l’uomo che usa quell’utenza. Che però non è Fahfi Bey ma Fahri Dal, il veterinario che evidentemente conosce Bey e gli lascia utilizzare lo studio.

Fahri Dal non ha nessuna cicatrice, ovviamente, e non ha mai conosciuto la signora di quel gattino… Ma nell’annotazione di fine rogatoria c’è scritto che quell’uomo è Fahfi Bey. E c’è anche un nuovo numero telefonico che secondo il Servizio di Cooperazione internazionale di polizia è un’utenza aperta a nome Fahfi Bey. «Vuol dire che un soggetto con questo nome esiste», deduce la giudice. «E questa circostanza dev’essere approfondita» perché «non è spiegabile con un “refuso”» (di refuso si parla nella richiesta di archiviazione). In sostanza: è stato interrogato l’uomo sbagliato.