Acque profonde, c’è un «lago» sotto terra contro la siccità
Benedetto sottosuolo: è la più grande riserva di calore ed energia a basso costo che abbiamo ed è anche il più grande bacino di raccolta delle acque a disposizione. Non si vede, ma c’è.
Sotto terra c’è la soluzione ai problemi di massima attualità che stiamo vivendo in questi mesi, e cioè la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina e la siccità. Con la geotermia e lo sfruttamento delle acque contenute nelle falde acquifere.
Uscire dall’emergenza idrica si può, come sottolinea il Consiglio Nazionale dei Geologi, che da anni promuove la sinergia con tutti i soggetti interessati alla gestione dell’acqua – Enti, Consorzi, tecnici, politici – per trovare soluzioni integrate tra utilizzo delle acque superficiali e sotterranee «che, in molti casi, possono contribuire a soddisfare i fabbisogni normalmente richiesti alle acque superficiali. Infatti, la soluzione del problema passa anche attraverso un corretto utilizzo delle acque sotterranee qualora quelle superficiali – fiumi, laghi, invasi – siano in crisi per avverse condizioni climatiche».
A spiegare nel dettaglio la situazione è il geologo veronese Enrico Castellaccio, professionista di Negrar e punto di riferimento dell’associazione Geotermia veronese: «Pur risentendo della diminuzione delle piogge, la risorsa idrica sotterranea nazionale si rinnova annualmente per circa 50 miliardi di metri cubi, valore paragonabile all’acqua invasata in media nel Lago di Garda e a quella che mediamente il fiume Po scarica in Adriatico in un anno». Non solo: «A questa risorsa si aggiungono riserve profonde non completamente rinnovabili di volume ancora maggiore, nascoste nel sottosuolo delle nostre pianure e delle nostre montagne.
«L’Italia, in virtù delle caratteristiche idrogeologiche del territorio, possiede quindi un’abbondanza tale di acque sotterranee da rappresentare una risorsa economica inestimabile, anche per la sua ottima qualità naturale, rispetto a quella di corsi d’acqua e laghi, naturali e artificiali». Le acque sotterranee inoltre «costituiscono una risorsa molto più stabile in termini di quantità e qualità. Non si vedono, ma ci sono», ricorda Castellaccio.
Secondo i dati Istat del 2019, «a livello nazionale le acque sotterranee garantiscono l’84% del fabbisogno idropotabile (48% da pozzi e 36% da sorgenti) oltre a coprire, anche per il nostro territorio provinciale, una parte significativa delle esigenze agricole e industriali», sottolinea Castellaccio.
La risorsa idrica sotterranea nazionale, come fanno presente i geologi del Consiglio nazionale, «si rinnova annualmente per circa 50 miliardi di metri cubi, valore paragonabile all’acqua presente in media nel Lago di Garda e a quella che mediamente il fiume Po scarica in Adriatico in un anno. A queste si potrebbero aggiungere le riserve idriche profonde, che risultano non completamente rinnovabili ma di volume ancora maggiore, generalmente situate alla base delle pianure e in profondità nelle nostre montagne».
Castellaccio sottolinea: «Le acque sotterranee sono una risorsa economica di inestimabile valore, anche per l’ottima qualità chimica-microbiologica rispetto a quelle superficiali che sono più a rischio di contaminazione».
Insomma, Verona è ricca di acqua: «Non c’è dubbio, basta andarla a cercare. Sto seguendo ad esempio il recupero delle sorgenti in quota in Lessinia e sul Baldo. Ce ne sono circa 600, con acqua di buona qualità. Ed eventuali problemi microbiologici si possono risolvere. Ma fortunatamente non ci sono contaminazioni di origine chimica».
Anche in Val d’Alpone, che notoriamente ha problemi di approvvigionamento idrico? «Sì, la valle non ha ampi acquiferi sfruttabili, ma a Bolca Acque Veronesi è tornata sfruttare il Buso del Butiero, che è una sorgente ricca di prospettive. Era conosciuta ma solo in parte utilizzata».
Sfruttare le risorse è possibile soprattutto in pianura, e anche in periodi di siccità: «L’acqua si trova in abbondanza nel materasso ghiaioso dell’alta pianura, ricaricata dalle dispersioni idriche della Lessinia e dell’Adige. E si trova anche sotto il margine morenico», ricorda il geologo Castellaccio. «Prendiamo l’area di Bussolengo: a 50 metri di profondità c’è acqua abbondante, che si potrebbe usare anche per l’irrigazione».
Ma c’è una mappa delle zone più ricche di acqua? «Sicuramente, ma si tratta di elaborati vecchi di quasi 30 anni. Servirebbe un aggiornamento delle conoscenze, il che sarebbe ancor più necessario per fronteggiare i periodi siccitosi e prevenirne gli effetti».
Anche se, ricorda il geologo, «il problema della siccità riguarda soprattutto le acque superficiali, quelle legate all’apporto delle precipitazioni stagionali, mentre le dinamiche idrologiche delle acque sotterranee richiedono decenni di storia climatica per essere modificate».
Quindi dovremmo semplicemente scavare nuovi pozzi per captare le acque di cui si ha bisogno. «Eh, non è così semplice», ricorda il geologo negrarese. «Lo sfruttamento idrico del sottosuolo riguarda contesti talora fragili che comunque richiedono studi di sostenibilità ambientale. E poi l’acqua è patrimonio dello Stato. Quindi un pozzo va autorizzato dal Genio civile regionale e ci vuole almeno un anno di attesa dalla domanda al primo “secchio di acqua” utilizzabile».
Castellaccio non dimentica che un uso razionale della risorsa prevede la necessità di risparmiare sui consumi, ad esempio con sistemi di irrigazione sostenibili «come quelli a goccia e a microgetto che già si utilizzano nei vigneti della Valpolicella e del Soave». E bisogna poi ridurre le perdite della rete idropotabile, «che arrivano quasi al 40%, come informano gli stessi Enti di gestione».
Nonostante tutto questo, Castellaccio ricorda che in fatto di acqua Verona è in una situazione felice rispetto ad altre regioni italiane: «È una provincia ricca di acque. Il problema semmai è quello di garantire la qualità delle falde acquifere presenti attraverso studi e monitoraggi sistematici così da poter pianificare anche le destinazioni d’uso della risorsa. Le acque di migliore qualità destinarle al servizio potabile mentre quelle meno pregiate all’uso irriguo».
Una questione che non è più solo tecnica ma anche politica. E alla politica spettano l’indirizzo, le scelte, le strategie. Cioè tutti quegli aspetti che, ieri come adesso, possono dare soluzioni ai problemi di approvvigionamento e mitigare gli effetti dei periodi siccitosi che, puntualmente da diversi anni, si ripresentano nel mese di giugno