A sei anni la madre figura principale di riferimento, figlio con lei se cambia città
Il trasferimento della madre con il figlio in un’altra città per migliorare la sua situazione professionale, non è in contrasto con l’affidamento condiviso
Il Trasferimento della madre con il figlio in un’altra città per migliorare la sua situazione professionale, non è in contrasto con l’affidamento condiviso. Per la Cassazione (Ordinanza 21054) la madre è certamente il genitore di riferimento per un bambino di sei anni, come nel caso esaminato. Tanto più che, nello specifico, i rapporti tra il minore e il padre erano stati assenti per i primi 13 mesi mesi, anche se dopo erano diventati regolari. La Suprema corte respinge il ricorso del padre, secondo il quale il cambio di città, con una distanza significativa, visto che lo spostamento era da Bergamo a Bologna, non poteva non incidere negativamente sul legame con il bambino, senza contare lo sforzo economico che avrebbero comportato le visite sistematiche. Per questo l’uomo chiedeva di collocare il bambino presso di lui.
Il miglioramento della situazione lavorativa
Di diverso avviso i giudici di legittimità secondo i quali il trasferimento della madre in un’altra città – sua prerogativa costituzionale – in una prospettiva di miglioramento della sua condizione economica, visto che era in graduatoria per un posto di pediatra, non poteva essere di ostacolo al rapporto padre-figlio, «né tantomeno pregiudicare il preminente interesse del minore». Il giudice di appello aveva considerato non necessario modificare il regime di collocamento, in assenza di prove che facessero pensare ad una volontà da parte della madre di attentare al legame del minore con il padre, come dimostrato dal fatto che i rapporti tra i due si erano consolidati. Nessun problema anche di inserimento per il bambino, che a Bologna frequentava serenamente la nuova scuola e svolgeva anche altre attività. In più nella città c’erano altri familiari della madre, zii e nipoti. Quanto alle difficoltà economiche dovute agli spostamenti del padre, queste non rientrano nel procedimento esaminato.
Sottrazione internazionale di minore
Sempre nello stesso giorno la Cassazione con l’ordinanza 21055, ha accolto invece parzialmente il ricorso di un padre siciliano, in un caso di sottrazione internazionale di minori. L’uomo era finito davanti ai giudici per aver trattenuto in un paese della Sicilia, nel ragusano, i due figli minori affidati a lui per le vacanze estive, senza farli rientrare ad Amsterdam dove avevano la residenza abituale e dove erano tornati solo in seguito alla decisione del tribunale dei minori.
Cibo, clima e amici migliori
La Suprema corte, pur riconoscendo il trasferimento internazionale illecito di due minori da parte del padre, danno, a differenza dei giudici di merito, un peso all’ascolto dei bambini. I due in piena sintonia avevano “votato” per la Sicilia, spiegando in maniera, più matura di quello che ci si sarebbe aspettati per la loro età, uno 11 anni e una 8, le ragioni della scelta. In Sicilia il cibo era migliore per non parlare del clima, sole e caldo mentre in olanda pioveva sempre. Nel paese paterno avevano molti più amici e si trovavano meglio a scuola. Ad Amsterdam, avevano affermato di non avere nulla. Scelte che non riguardavano la vita con un genitore o con l’altro, visto che avevano entrambi detto di volere vivere con la madre se fosse rientrata in Italia e di non essere disposti a tornare in Olanda neppure se il padre fosse andato con loro.
L’ascolto dei minori che votano per la Sicilia
Per il Tribunale però alla base della preferenza della Sicilia c’era solo la maggiore libertà concessa ai ragazzini e le minori regole dettate da un padre descritto come “bullo”. Una situazione diversa e più rassicurante rispetto agli sforzi richiesti in Olanda. Per la Cassazione invece i minori avevano espresso la loro volontà in modi chiaro. La Suprema corte sottolinea l’importanza dell’ascolto del minore, secondo la Convenzione dell’Aja e secondo la l’articolo 8 della Cedu, sul rispetto della vita privata e familiare. Nello specifico il ragazzo e la sorella avevano espresso una chiara opposizione al rientro. Questo avrebbe dovuto fermare qualunque automatismo ed indurre a fare delle verifiche nell’interesse superiore del minore, per escludere che un rientro forzato, possa compromettere il sereno sviluppo psico fisico dei ragazzi. Approfondimenti che il tribunale dei minori non aveva fatto e che è chiamato a fare.