Cosa resterà della Terra tra 100 mila anni?
Ipotizziamo un’apocalisse e la fine della vita sulla Terra. E che un alieno cercasse di capire chi era l’uomo e com’era il Pianeta prima della nostra scomparsa.
Adesso era lì: atterrò e aprì il portello. Davanti a lui c’era un notevole disordine, un groviglio di esseri verdi e quasi immobili. Nessuna traccia di organismi pensanti. Xyzx era arrivato sulla Terra, circa 100 mila anni dopo che l’uomo era scomparso a causa, per ipotesi, delle radiazioni di un’enorme esplosione, un “gamma burst”, come lo hanno oggi battezzato gli astronomi, che aveva sterilizzato mezza galassia.
Archeoplastica. Domanda: che cosa vedrebbe Xyzx? E fino a che punto riuscirebbe a ricostruire l’aspetto, le capacità e le abitudini di vita dei suoi estinti abitanti (cioè noi)? In teoria non dovrebbe essere impossibile. I dinosauri sono spariti da 65 milioni di anni: hanno lasciato pochi resti, ma siamo comunque riusciti a ricostruirne l’aspetto e persino il comportamento.
L’uomo, anche considerando gli australopitechi più intelligenti imparentati con il genere Homo, è sulla Terra da 2 milioni di anni. Negli ultimi cinquemila anni ha prodotto segni tangibili della sua presenza. Se oggi scomparisse, quali tracce della sua presenza sopravviverebbero fra centomila anni? E che aspetto avrebbe il nostro pianeta? Scavando a una profondità di 2 metri, Xyzx potrebbe per esempio trovare uno strato ricco di campioni di varie forme, fabbricati con un polimero inorganico. Lo strato polimericus esiste per davvero: dalla seconda metà del ‘900 a oggi abbiamo abbondantemente superato le centomila tonnellate di plastica prodotta. Un materiale inventato per durare.
Alieni al Partenone. La plastica non è l’unica traccia che lasceremo. Lo strato polimerico sarà infatti mescolato a quello “urbanus”, fatto di resti di edifici crollati. Nel corso della vita ciascuno di noi utilizza circa 500 tonnellate di materiali da costruzione. Si tratta di sabbia, argilla, pietra, acciaio e metalli vari impiegati per costruire le strade e i centri commerciali che frequentiamo e i palazzi dove abitiamo.
Cosa troveranno tra 100 mila anni eventuali archeologi alieni? I grattacieli di New York, le torri di Kuala Lumpur o la piramide del Louvre di Parigi? Niente di tutto ciò. L’Atene del futuro sarà ancora l’Atene del Partenone. Tra un edificio di questo secolo e uno di epoca romana, sopravviverà di più sicuramente il secondo, costruito in solida pietra. Le costruzioni del passato, comprese quelle realizzate in tufo e in mattoni d’argilla, hanno già dimostrato di saper reggere gli anni.
Il Colosseo: non c’è più il marmo che un tempo lo rivestiva ma è rimasta la pietra, che sopravviverà al cemento armato. Resistono nel tempo pietra, titanio e plastica, spariscono, invece, l’acciaio e il calcestruzzo. © Shutterstock
I più moderni edifici di grande valore architettonico sono stati prodotti con materiali che richiedono una manutenzione continua. Persino le formelle di vetrocemento vanno continuamente sostituite. Se l’uomo dovesse scomparire, scompariranno anche i grattacieli. Per non parlare delle palazzine frutto della speculazione edilizia degli anni ’50. Sono già a pezzi. Nel dopoguerra il cemento armato veniva chiamato “roccia artificiale”. Si pensava fosse eterno. Non è passato molto tempo e l’opinione è radicalmente mutata. Purtroppo, crollano persino interi ponti. Il cemento armato infatti è soggetto a carbonatazione, una reazione chimica che avviene a contatto con la pioggia, e si disgrega.
Milano e Genova. Ma ci sarà qualche eccezione. Sembreranno per esempio nuovi anche tra centinaia di milioni di anni i fogli di titanio che rivestono il Museo Guggenheim di Bilbao, inaugurato nel 1998. Sono praticamente eterni. Molto dipende anche dalla località. Milano potrebbe avere più probabilità di Los Angeles di passare ai posteri. Mentre quest’ultima infatti verrà distrutta dalla separazione della faglia di Sant’Andrea, la Pianura Padana resterà al suo posto e verrà pian piano coperta dal materiale sedimentario trasportato dagli affluenti del Po. I resti milanesi verranno quindi sepolti da uno strato protettivo. Ancor meglio potrebbe andare a Genova. Se il delicato equilibrio in cui si trovano i ghiacci dell’Antartide dovesse rompersi a favore dello scioglimento, come è accaduto 10 mila anni fa per quelli nordamericani, molte città costiere verranno coperte dall’acqua.
Se il processo sarà lento l’erosione delle onde le distruggerà, ma se sarà rapido, sprofonderanno e, sul fondo del mare, si troveranno nel posto migliore per fossilizzare. Se verranno coperte dal fango, che perde fino al 90 per cento del suo volume a mano a mano che sprofonda, la compressione potrebbe schiacciare ogni struttura. Ma non perderanno la loro identità: anche le ammoniti sono state schiacciate nelle rocce argillose eppure i loro fossili sono ancora riconoscibili.
Il British Antarctic Survey ha eelaborato per Focus i mappamondi del futuro. © focus
Continenti in collisione. La Terra però nei prossimi anni cambierà decisamente aspetto. La maggior parte della crosta si sta muovendo in risposta alle spinte delle zolle che la costituiscono e che galleggiano sul mantello di roccia fluida. L’Italia, per esempio, fra 10 milioni di anni sarà ancora dove è adesso, ma nel frattempo sarà quasi scomparso il Mediterraneo che la circonda. Rimarranno dei laghi salati che in estate si asciugheranno.
L’Africa infatti sta “venendo” in Europa. La collisione tra i due continenti spingerà verso l’alto le Alpi: l’Everest del futuro sarà qui, mentre un nuovo oceano nascerà in corrispondenza della Rift Valley nell’Africa nordorientale. La Gran Bretagna e la Scandinavia invece andranno alla deriva, e si troveranno più vicine al continente americano, come ha previsto il British Antarctic Survey, che ha elaborato per Focus i mappamondi del futuro.
Chi si affaccerà sul nostro pianeta tra qualche milione di anni sarà stupito anche da un altro fenomeno. Nelle lave vulcaniche e nei dintorni delle dorsali oceaniche troverà i segni di un’oscillazione magnetica: corrisponde all’inversione dei poli terrestri. Capita circa ogni 100 mila anni.
Più in là nel tempo, diciamo tra 100 milioni di anni, il nostro Paese si troverà più a est, e non sarà più riconoscibile: Africa, Europa e Asia saranno un unico continente. E le vette himalaiane nel frattempo saranno diventate colline.
Cripta della civiltà. I nostri cimiteri non saranno forse durevoli come le tombe delle antiche civiltà, ma chi arriverà qualche milione di anni più tardi della nostra scomparsa, dovrebbe in ogni caso avere materiale sufficiente per indagare sulla nostra anatomia: siamo sei miliardi. Riuscirà a ricostruire l’aspetto dell’uomo? Il problema è simile a quello che si sono posti gli scienziati quando i primi resti dei dinosauri sono venuti alla luce. Apparentemente nulla infatti impedisce di pensare che, noi uomini, avessimo scaglie sulla schiena o proboscidi.
Le ossa di un animale raccontano solo un frammento della storia. Agli scienziati servono informazioni su pelle e organi interni. Ma sono pochi i fossili che conservano le parti molli. Se non ci sono, bisogna procedere per deduzioni. In questo caso sono utili le mummie. Quelle di due dinosauri americani intrappolate nella roccia hanno fornito informazioni sulla pelle dei grandi rettili. Così un paleontologo tra 100 milioni di anni sarà più contento se troverà il cadavere di un mafioso occultato nel cemento, o un pompeiano sepolto dalla cenere del Vesuvio.
Cultura. Per quanto riguarda la cultura, possiamo sempre sperare nella Cripta della civilizzazione. Si trova a Oglethorpe, Atlanta (Usa), in un sotterraneo dell’università. Al suo interno ci sono 640 mila pagine di libri in microfilm, dall’intera collezione delle opere di Shakespeare al Corano, un pupazzo di Paperino, un trenino, giornali, una radio, un tostapane, un ciuccio e due manichini (maschio e femmina) vestiti secondo lo stile in voga quando la Cripta è stata chiusa: il 1940. I loro resti potrebbero, per Xyzx, avere il valore della stele di Rosetta.