Case green, immobili in classe D entro il 2033. Parlamento Ue approva direttiva.
Dopo la spaccatura del dibattito di lunedì la Plenaria di Strasburgo approva il testo che prevede obblighi per edifici residenziali e impianti solari e novità in tema di bonus casa.
Il Parlamento europeo approva la direttiva case green. Non è l’atto finale, perché manca ancora il trilogo, la fase di negoziati tra istituzioni europee che porterà al testo definitivo. Ma si tratta di un grande passo in avanti sulla strada del nuovo discusso provvedimento, che porterà più efficienza energetica ma anche, per i suoi detrattori, maggiori costi per le ristrutturazioni. E al quale, comunque, manca ancora una gamba: quella dei finanziamenti, sia europei che dei singoli paesi membri.
Dopo la spaccatura del dibattito di lunedì la Plenaria di Strasburgo approva il testo che prevede obblighi per edifici residenziali e impianti solari e novità in tema di bonus casa
3′ di lettura
Il Parlamento europeo approva la direttiva case green. Non è l’atto finale, perché manca ancora il trilogo, la fase di negoziati tra istituzioni europee che porterà al testo definitivo. Ma si tratta di un grande passo in avanti sulla strada del nuovo discusso provvedimento, che porterà più efficienza energetica ma anche, per i suoi detrattori, maggiori costi per le ristrutturazioni. E al quale, comunque, manca ancora una gamba: quella dei finanziamenti, sia europei che dei singoli paesi membri.
Il voto
Dopo che la discussione di lunedì aveva mostrato crepe nella maggioranza a sostegno della direttiva, il voto della Plenaria di Strasburgo ha visto comunque i sì prevalere sui voti contrari. Anche se i numeri del voto in commissione Itre sono stati decisamente ridimensionati: alla fine il testo della commissione Itre (relatore, l’irlandese Ciaran Cuffe) è passato con 343 sì, 216 no e 78 astenuti. La spaccatura nata all’interno dei popolari, quindi, non è stata fatale. Anche se ha portato all’approvazione di due emendamenti contrari alla linea del relatore.
I contenuti
Il testo approvato, nella sostanza, è quello licenziato dalla commissione parlamentare Industria. Prevede la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033 per gli edifici residenziali. L’obiettivo della direttiva è di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, che andranno così collocati dai diversi paesi membri nella classe energetica più bassa, la G. In Italia si tratta di circa 1,8 milioni di edifici residenziali (sul totale di 12 milioni, secondo l’Istat).
Solare, nuovi edifici, non residenziale
Ma il testo dà indicazioni anche su edifici non residenziali, impianti solari, nuove costruzioni. Già a partire da gennaio del 2026 scatta l’obbligo di realizzare i cosiddetti Zeb (zero emission buildings) per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà di enti pubblici. Negli altri casi la scadenza è il 2028.
Dal recepimento della direttiva gli impianti solari diventeranno obbligatori in tutti i nuovi edifici pubblici e i nuovi edifici non residenziali. Poi, entro il 31 dicembre 2026, l’obbligo scatterà su tutti gli edifici pubblici e sugli edifici non residenziali esistenti. E così via, fino al 31 dicembre 2032 quando l’obbligo scatterà per tutti gli edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti. Gli edifici non residenziali e di proprietà pubblica dovranno raggiungere la classe E dal 2027 e la classe D dal 2030.
Bonus casa
La direttiva parla anche di bonus edilizi. «Gli Stati membri – spiega il testo – non offrono più incentivi finanziari per l’installazione di caldaie individuali che usano combustibili fossili». Questo avviene «al più tardi da gennaio del 2024». Quindi, saltano gli incentivi per le caldaie a gas. Anche se c’è da considerare un’avvertenza: la direttiva, infatti, non considera impianti di riscaldamento a combustibili fossili i sistemi di riscaldamento ibridi (pompa di calore e caldaia a condensazione) e le caldaie certificate per funzionare con combustibili rinnovabili (come l’idrogeno o il biometano). Quindi, per altre tecnologie resterà aperta la porta delle agevolazioni.
Le deroghe
Potranno essere esclusi dal raggiungimento degli obiettivi di efficientamento del parco residenziale gli edifici protetti di particolare pregio storico e architettonico, i luoghi di culto, gli edifici temporanei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri.
Accanto a questo, possono essere esentati gli edifici di edilizia residenziale pubblica, dal momento che le ristrutturazioni potrebbero portare a una crescita dei canoni di locazione. E, ancora, i Paesi membri potranno chiedere alla Commissione di adattare i target europei per particolari categorie di edifici residenziali, per ragioni di fattibilità tecnica ed economica. Con questa clausola si potranno prevedere deroghe fino a un massimo del 22% del totale degli immobili. In Italia si tratta di circa 2,6 milioni di edifici.